Regia di Pietro Germi vedi scheda film
Uno dei capolavori della filmografia di Germi ed un qualcosa che, a mio parere, mutatis mutandis, potrebbe costituire una sorta di "La vita è meravigliosa" all'italiana. Qui non c'è dietro il New Deal ed il boom economico è ancora di là da venire, ma Germi sopperisce all'assenza dei grandi ideali suggerendo il ricorso ai valori più tradizionali, quali l'affetto della famiglia e degli amici. A fare da collante e da espediente narrativo, il piccolo Sandrino, la cui voce, sentita oggi, suona alquanto retorica. Ma colpisce tuttora a cinquant'anni di distanza, il messaggio umanitario e il ritratto per niente agiografico di un personaggio che Germi modella sul proprio fisico e sulle proprie movenze, pur senza, per questo, identificarvisi totalmente.
Molto criticato al tempo della sua uscita, specialmente dalla critica di sinistra, che non apprezzò l'atto di crumiraggio del protagonista (ma bisognava essere proprio miopi per non capire che descrivere un'azione in un film non significa necessariamente sposarla), "Il ferroviere" è il ritratto di un personaggio che si pensa il centro dell'universo, senza rendersi conto che il mondo continua a girare anche senza la sua presenza: perfino il piccolo Sandrino riesce a sopravvivere (e a migliorare il proprio rendimento scolastico) senza il padre. Per non parlare delle due donne della famiglia, che, pur addolorate, continuano a tirare avanti anche senza quel testone del "capofamiglia".
"Il ferroviere" è da annoverare fra i migliori prodotti del cinema italiano di sempre, grazie a moltissimi fattori, non ultimo la grande prova di Germi, che fu ottimo attore oltre che regista, e del caratterista insostituibile Saro Urzì. (23 giugno 2008)
Il macchinista Marcocci ha un incidente sul lavoro e viene sospeso dal servizio. Nel frattempo scopre che la figlia, cui ha fatto sposare l'uomo che l'aveva messa incinta, ha un amante: sconvolto la picchia. Reintegrato in servizio, non partecipa ad uno sciopero e si comporta da crumiro, per cui viene isolato da amici e colleghi. Rientrato nel gruppo, anche grazie al figlioletto Sandrino e al collega Gigi, Marcocci sarà colpito da infarto e morirà dopo una maestosa festa di Natale che ha riunito amici e parenti.
A cinquant'anni di distanza si avverte leggermente il peso della retorica e qualche eccesso di melodramma.
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