Regia di Émile Gaudreault vedi scheda film
Di fronte a prodotti di questo tipo, non si può che tirar fuori dal cilindro la vecchia e ammuffita militanza, che, come ogni integralismo, ha sempre portato più sventura al cinema che altro. Ma quando è troppo, è troppo. Nel Canada degli immigrati italiani, Angelo non vuol comunicare ai genitori di essere gay, mentre nel frattempo fa coppia col vecchio amico d’infanzia Nino. Che ora fa il poliziotto, e non intende proprio dire al mondo che gradisce gli uomini. Poi però Angelo dice a mammà e pappà la notizia, che si sparge ai quattro venti. E apriti cielo. Nino pensa bene di provare l’altro sesso, e sposarsi. Angelo diventa autore televisivo (il suo sogno di sempre, toh guarda), e, superata la crisi per il suo ex, si mette con uno scorfano di un telefono amico gay. La morale del film non è: vivi la tua vita a testa alta, anche contro tradizionalismi e retaggi storici. Ma è, in soldoni: sei gay, dunque da piccolo forse vedevi le soap e ballavi con una zia un po’ bizzarra, sei destinato a fare l’artista e non ti resta che accontentarti - appunto - di uno scorfano. Va bene utilizzare gli stereotipi, ma l’apparente progressismo del film è soltanto vecchiume inacidito. Possibile che qualcuno senta ancora il bisogno di roba così? Ributtante, e offensivo per la dignità di tutti, e non certo della cultura queer soltanto.
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