Regia di Todd Solondz vedi scheda film
Un film originale e aperto ad interpretazioni potenzialmente infinite, ma se dalla sua natura indeterminata non può che derivare un’incompiutezza di fondo difficilmente accettabile, coglierne il fascino non è un dovere dello spettatore.
Nella locandina di Palindromes di Todd Solondz vediamo la protagonista Aviva incamminarsi lungo un sentiero fiabesco, destinato però a dissolversi nel bianco nulla. Si potrebbe quindi affiancare una veloce analisi del poster promozionale all’incipit stesso del film, nel quale la spensierata protagonista trae dal suicidio di una giovane ragazza madre il desiderio di diventare genitrice a sua volta: dare la vita in risposta alla morte, la visione sconsideratamente semplice e trasognata dell’innocenza, destinata ad infrangersi contro la dura realtà.
Così Aviva resta incinta, ma le certezze iniziano a mancare. Anzitutto dagli adulti, a partire da quei genitori materialisti e insensibili che accostano la meraviglia del concepimento alla dannazione della vergogna pubblica, convincendola ad abortire. Quindi Aviva scappa di casa, in cerca di un padre per il suo eventuale bambino, e durante il suo viaggio incontra diversi tipi umani, cresce, cambia. Anzi, non cambia. Perché palindromo non è solo il nome stesso della protagonista, ma la persona stessa. Solondz chiama più attrici di diversa etnia, età e corporatura ad assumere la parte dell’aspirante ragazza madre, alternandole lungo l’intero arco del film, ma nessuna differenza sostanziale è visibile. In un finale tanto tragico quanto minaccioso, Aviva non è né la giovane donna provata dai propri trascorsi (Jennifer Jason Leigh) né la afroamericana sovrappeso grottescamente provocante, bensì la bambina innocente di inizio film.
Rovesciando completamente il tipico film di formazione, Solondz afferma pessimisticamente l’impossibilità per l’essere umano di cambiare, crescere, migliorarsi. Gli adulti sono mostri egoisti, inconsapevoli e narcisisti, appagati da un fare del bene totalmente soggettivo (in questo senso il personaggio di Mama Sunshine è estremamente esemplificativo). Adulti non all’altezza di crescere le nuove generazioni senza annesse problematiche che, per forza di cose, creeranno a loro volta adulti corrotti o, nel migliore dei casi, inadeguati. Un circolo vizioso individuale, il palindromo Aviva, e sociale.
L’autore rinuncia a particolari virtuosismi registici, realizzando comunque un’opera straniante nella sua messinscena volutamente irrealistica, in particolare grazie a una sceneggiatura che si focalizza sulla dolce assurdità del punto di vista preadolescenziale. Concettualmente parlando la sensazione è invece che Solondz abbia voluto provocatoriamente sovrabbondare nelle tematiche affrontate: il passaggio dall’infanzia all’adolescenza con annessa scoperta della sfera sessuale è solo la punta dell’iceberg Palindromes, che spazia dall’omicidio allo scontro tra scienza e religione. Il risultato è sicuramente un film originale e aperto ad interpretazioni potenzialmente infinite, ma se dalla sua natura indeterminata non può che derivare un’incompiutezza di fondo difficilmente accettabile, coglierne il fascino non è un dovere dello spettatore.
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