Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
Lasciato in naftalina per un anno dopo la presentazione durante la scorsa Mostra veneziana, il distributore italiano ha colto con perfetto sincronismo l’aiuto che il destino gli ha offerto con la consegna del meritato Leone d’Oro alla carriera che in questi giorni Venezia offre a Hayao Miyazaki. Il castello errante di Howl rinnova la straordinaria poetica del maestro giapponese che da sempre è molto attento agli stimoli provenienti dalla cultura occidentale che in questo caso prendono corpo nel racconto fiabesco omonimo del 1986 scritto dalla britannica Diana Wynne Jones, dal quale il film trae ispirazione. La protagonista è la giovane e dolce Sophie che lavora come modista nella boutique lasciatale dal padre. La sua bellezza colpisce il mago Howl in una delle sue incursioni in tempi e spazi diversi e anche Sophie subisce il fascino del giovane mago. La Strega delle Lande, della quale Howl era stato promettente allievo, invidiosa di questa reciproca attrazione, con un feroce incantesimo trasforma la povera Sophie in una vecchia di 90 anni. Così ridotta, Sophie fugge dalla sua casa e la sua strada si incrocia di nuovo con Howl e il suo castello errante. Lei si fa assumere come donna delle pulizie nel castello senza farsi riconoscere e attraverso la sua cura e la sua energia, prova a prendersi cura di Howl, giovane mago disturbato, con la speranza di abbattere l’incantesimo che li divide. Sofisticato, preciso in ogni minuscolo dettaglio, il film esalta con ogni cell la mano magica del maestro, così come la straordinaria e riconoscibile “palette” cromatica. Rispetto a capolavori come La città incantata e Principessa Mononoke il film denota un leggerissimo passo indietro, come se a dispetto dell’originalità, stavolta Miyazaki volesse fare una sorta di resoconto di quanto fatto sinora e infatti si riconoscono echi di situazioni e personaggi dei film precedenti che si rincorrono senza sosta. Però resta straordinaria l’invenzione della porta del castello, in grado di trasferire i suoi occupanti in tempi e spazi diversi, un’ossessione questa di tempi e mondi paralleli, che sembra sempre più centrale nel suo cinema. Fabrizio Liberti
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