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Ovunque sei

Regia di Michele Placido vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ovunque sei

di maurizio73
4 stelle

Dramma sentimental-metafisico che parte come un episodio da ER dè noantri e continua lungo la deriva esistenzialista di una necessità del caso alla Kieslowski, dove l'elaborazione del lutto è una metafora fantasmatica dell'amore e della memoria come dimensioni senza tempo entro cui custodire il senso più profondo della vita e delle relazioni umane

La storia d'amore tra Matteo, medico rianimatore e la sua giovane allieva Elena è appena agli esordi, quando l'ambulanza su cui viaggiano finisce in fondo al Tevere. L'incidente è provocato da una imprudenza alla guida della propria auto del neurochirurgo Leonardo, distratto da una chiamata al cellulare  della collega Emma, moglie di Matteo, con cui ha appena condiviso alcuni momenti di fedifraga intimità sessuale. Le strade delle due coppie si dividono, continuando pero' ad incrociarsi nella terra di nessuno abitata dalle anime in pena di chi ha ancora dei conti in sospeso con la vita.

 

 

Da un soggetto della coppia Placido-Starnone (Del perduto amore) e sceneggiato dai due insieme a Contarello-Piccolo, è un dramma sentimental-metafisico che principia come un episodio da Emergency Room dè noantri (con Accorsi al posto di Clooney,sic!) e continua lungo la deriva esistenzialista di una necessità del caso cara a Kieslowski (Senza fine) dove l'elaborazione del lutto si traduce in una metafora fantasmatica del significato dell'amore e della memoria come dimensioni senza tempo entro cui custodire il senso più profondo della vita e delle relazioni umane. Ammettendo il rischio calcolato di un'operazione che inciampi nel patetico ad ogni piè sospinto, Placido organizza i piani della narrazione lungo i binari paralleli del reale e del surreale, veicolando i primi attraverso un racconto per immagini in cui la musica prevale sulla scarna ridondanza dei dialoghi ed ammantando i secondi di un'ambiguità del possibile (le anime esanimi ed esauste dei due naufraghi acherontei che sbarcano sulle rive del Tevere come i poveri derelitti che abitano le sue sponde) e la cui presenza nel mondo sensibile lascia le tangibili tracce di Pollicino di finestre sempre accese e segnalibro di fiori secchi. L'intento è lodevole, compreso l'ingarbuglio di una comune ontologia del sentimento amoroso che ricapitola le molteplici filogenesi delle storie individuali (una circolarità senza tempo dell'esistenza cui Arrival gli fa un baffo) e la rarefazione di un simbolismo di morte a base di coleotteri neri e oscuri presagi del destino, ma tutto si riduce nel montaggio alternato di un racconto frammentario e inconcludente in cui le velleità estetizzanti superano di gran lunga la reale efficacia della messa in scena. Non ostante la confusione di temi (la corrispondenza d'amorosi sensi di una vibrazione fisica che viene sublimata nell'empireo di un limbo senza tempo) e di registri (il sentimentale, il simbolico, il metafisico) il film arriva rapidamente alle conclusioni di un epilogo di senso compiuto facendo procedere per la propria strada la vita di chi resta e liberando dall'insostenibile pesantezza dell'esistenza le anime in pena di chi non ha più nulla da chiedere alla vita. Compagine di giovani attori di collaudata esperienza, tra cui spiccano il tombeur de femmes di un Accorsi in divisa catarifrangente ed una Barbora Bobulova sempre più santa laica con un corpo fatto per peccare. Nomination al Leone d'Oro per Placido alla 61ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e scandalo in sala per una scena di nudo finale della figlia Violante insieme ad Accorsi che anticipa quella ben più famosa del contemporaneo Batalla en el cielo.

Parlarne male, data l'ambientazione, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.

 

« Io sono morto. Da quattro giorni. »...ma niente paura, scendo lo stesso a pisciare il cane...

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