Regia di Hou Hsiao-hsien vedi scheda film
Un'opera che omaggia con amore la tradizione giapponese, mentre abbraccia appassionatamente il cambiamento, il rinnovamento anche tecnologico. Il ritmo è scandito dalle attese, dai tempi morti degli spostamenti e dai silenzi, per ricordare il graduale e discontinuo lavorio con cui il nuovo si sedimenta sull'antico, e, viceversa, il presente prende coscienza del passato. "Café Lumière" è un film in lento movimento, improntato all'esplorazione, che passa per lo studio e l'introspezione, ed è, in entrambi i casi, un viaggio guidato dalla meditazione. Il caffè è il luogo emblematico di questo percorso, in quanto punto di sosta e di confronto. Un'opera finissima, dal respiro profondo e mai enfatico, che accarezza dolcemente la sensibilità dello spettatore.
Lo sguardo di Hou ama i campi lunghi, soprattutto le profondità degli interni, le inquadrature strette e ritagliate, incorniciate da stipiti, pareti e mobili, che simulano l'effetto di uno spioncino o di un buco della serratura. La sua è una discreta intrusione nell'intimità della vita giapponese, in cui naturalmente si conciliano il rispetto per la storia e il dovere nei confronti del progresso. È nella tranquillità dei piccoli alloggi che si coglie la vera anima della nazione, molto più che nei rumorosi ed affollati esterni cittadini. Hou, con questo film, si propone più che mai come un regista della ricerca, quasi un Amir Naderi taiwanese, però dal tocco infinitamente più morbido e sfumato, a cui mancano la dura determinazione e la secca ripetitività del suo omologo iraniano.
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