Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film
Rischia molto, Birth, e non certo per la scena della vasca da bagno. Rischia perché la storia è sul filo del ridicolo, con questo bambino che si presenta alla ricca Kidman, in procinto di risposarsi, dicendole di essere il marito defunto. Però Glazer, il cui Sexy Beast è un gran bel film, non è uno sprovveduto. E con un uso inquietante e coraggiosissimo del primo piano, gira quello che potrebbe essere Rosemary’s Baby filtrato dallo sguardo di John Cassavetes.
Non tutto è a fuoco, e a volte si sbanda, però Birth possiede una tensione anche morale da non sottovalutare. Sean è l’ago della bilancia della società borghese e della cultura egemonica, di fronte al quale gli apparenti equilibri si incrinano. Sean stesso, messo davanti alla verità del tradimento (attenzione al personaggio della Heche), si sgonfia, dichiarando il proprio fallimento al trono del tradizionalismo normativo. L’illusione, allora, riguarda il matrimonio e la famiglia nucleare (e il finale sulla spiaggia ne è la riprova). Il paradosso serve a rimarcarla. Un film strano, facilmente attaccabile, sottilmente deflagrante, magari irritante, non così esplicito come potrebbe sembrare. Un gotico da camera che non ha paura della sue assurdità.
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