Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film
Assolutamente stupefacente per la prima ora, sciaguratamente didascalico negli ultimi quaranta minuti. Jonathan Glazer indovina la distanza dalla materia rappresentata girando con uno stile di scarnificata, disossata eleganza. Sospesi piani sequenza, impietrite figure intere, ostinati e sgretolanti primi piani scandiscono una vicenda in cui la tensione è una creazione puramente mentale. Ovvio che agli spettatori in cerca di "altri" sensazionalismi tutto ciò sembrerà fastidiosamente - e soprattutto inspiegabilmente - inconcludente. I minuti scivolano con angosciosa improduttività sulla levigata e compressa inquietudine della famiglia iperborghese di Anna (Kidman, prodigiosa), prima scalfita e poi disintegrata dall'ossessionante tenacia di Sean (un credibilissimo Cameron Bright). Fin qui una pellicola dislocante, trattenuta, raffinatissima. Dalla intrusione di Clara (Anne Heche) in poi il film perde spaventosamente colpi, inforcando spiegazioni su spiegazioni e smarrendo inesorabilmente la carica disturbante della prima ora, riprendendo fiato solo nel secco, disorientato finale. In soldoni, se "Birth" terminasse nel parco (e potrebbe essere quella l'autentica conclusione), quando Sean si arrampica sull'albero e vi rimane fino a notte, sarebbe un film devastante. Così è soltanto discreto. Fotografia velata e rarefatta di Harris Savides ("Elephant").
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