Regia di Amos Gitai vedi scheda film
Ormai è chiaro: per Amos Gitai, l'aderenza alla realtà assume il carattere di un vizio. Principale sintomo ne è il presenzialismo del cineoperatore, a cui importa più di "esserci" e di "star nel mezzo" che di effettuare riprese dignitose. Questa (voluta) mancanza di controllo della macchina da presa dà vita ad un realismo molle, più che delicato, che, per mostrare l'insensatezza della guerra e dei suoi orrori, non trova nulla di meglio che girare a vuoto. Solo quando questo turbinio ossessivo viene a placarsi, lo sguardo di Gitai si impregna di silenzio e si fa sognante. Allora, in quegli istanti dilatati, la memoria e la speranza diventano presenti; e risultano molto più vive e autentiche di tutte quelle scorie audiovisive prodotte da certe smanie documentaristiche.
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