Regia di Arnaud Desplechin vedi scheda film
Storie parallele di una donna e del suo ex compagno: lei ha dovuto allevare da sola il figlio avuto da un altro uomo morto tragicamente, ma ora sta per sposarsi con un riccastro e intanto accudisce il padre malato terminale; lui è un musicista bizzarro, che la sorella ha fatto ricoverare presso una clinica psichiatrica. Ogni tanto c’è un flashback esplicativo e, già che ci siamo, pure un colloquio con il fantasma del morto. È il tipico caso di parodia involontaria del cinema d’autore (penso in particolare a Lelouch, ma già la storpiatura di Moon river sui titoli di testa grida vendetta): accumula alla rinfusa temi alti, cerca di trattarli con tocco leggero ma produce solo un guazzabuglio incontrollato. Vorrebbe essere champagne, invece è solo acqua gassata: dopo al massimo un’ora le bollicine svaporano e ci si rassegna ad aspettare la conclusione. Attesa peraltro interminabile, dato che il film continua a divagare fra episodi assolutamente inessenziali: cito solo, per la sua gratuita stupidità, una tarantinata d’accatto con tre rapinatori che più fessi non si può. Meno male che Mathieu Amalric strappa qualche sorriso, soprattutto nei suoi dialoghi con la psicanalista.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta