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L'intrus

Regia di Claire Denis vedi scheda film

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alan smithee

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'intrus

di alan smithee
9 stelle

locandina

L'intrus (2004): locandina

Addentrarsi nel mondo cinematografico complesso e tortuoso che popola e dilaga nelle pellicole di Claire Denis, dove il lato umano più comunemente condiviso ed accetto lascia spesso spazio al profilo istintivo e animale, pretendendo una certa coerenza narrativa, una linearità del racconto, e soprattutto aspettandoci spiegazioni e chiarimenti, non è il modo più corretto o da attendersi per affrontare, accettandola e facendosene affascinare, l'avventura cinematografica di una regista originale e complessa come la nostra. Una cineasta sempre tesa a percorrere la linea tribolata che coinvolge universalmente popoli ed etnie le più disparate, le differenti problematiche interculturali e familiari che dividono e muovono l'intero pianeta.

L'intrus è costituito da un puzzle narrativo enigmatico ma di grande effetto, dove ogni storia presenta diversi indizi per scoprire chi sia il vero “intruso” e scorgendone diversi possibili in cui identificare quello (al singolare) del titolo.

L'intruso è innanzi tutto il “passeur” che viene stanato da una poliziotta e dal suo cane antidroga, nell'efficace preambolo utile a farci conoscere almeno parte dei personaggi: la poliziotta è sposata con un giovane che vediamo impegnato ad accudire i suoi bambini piccoli. Siamo al confine tra Francia e Svizzera e, nei boschi, non molto distante, un misterioso uomo solitario vive a stretto contatto con la natura ed i suoi due stupendi cani bianchi: nudo in riva al fiume, in bicicletta ad affrontare salite, in barca, a caccia; poi riceve nel suo chalet una avvenente farmacista sua amante, e non si fa problemi ad eliminare un intruso che entra di nascosto nella sua dimora.

Un uomo freddo ma tenace, con un grave problema di cuore che lo rende vulnerabile nonostante l'energia che lo anima.

Scopriamo poi che il giovane padre dell'inizio è il figlio di questo solitario individuo: un padre distaccato che quando lo vede lo ripaga con una manciata di banconote per supplire una presenza sempre molto fredda e frettolosa, ridotta al minimo sindacale, come se so trattasse, più che di un figlio, di un “intruso”.

La Denis poi ci porta in giro per il mondo, dopo che l'uomo si è fatto trapiantare un nuovo cuore (un altro intruso): in Corea l'uomo liquida certi suoi affari venendo ricoperto di denaro, e poco dopo si trasferisce per la convalescenza in Polinesia, su di un'isola deserta, dopo aver cercato una vecchia amante e il figlio naturale generato con la stessa.

Man mano che seguiamo il protagonista, elementi ed indizi inquietanti o poco comprensibili si accatastano uno sull'altro rendendo ancora più affascinante questo viaggio senza una meta definita e chiara: sino a scoprire il corpo senza vita del giovane figlio e affettuoso papa dei due bambini visto all'inizio (è Gregoire Colin, il giovane prete de Prima della pioggia di Manchevski, attore affascinante ed imprescindibile di molta cinematografia dell'autrice), pure lui con la medesima cicatrice del padre, ma steso su una fredda tavola di acciaio. Un'immagine devastante che allude anche alla innaturale possibilità di un trapianto da figlio a padre che va ogni più logica e accettabile legge naturale e familiare.

L'intrus in ogni caso - al di là di ogni possibile e varia interpretazione sull'identità dello stesso, sia che lo si individui nel nostro malato ma combattivo protagonista, affarista losco che vive ai margini della legalità e della civiltà, sfruttandola per arricchirsi per poi rifuggirla ed abbandonarla, sia esso il figlio di quest'ultimo, ormai indipendente, ma da sempre trascurato dal padre, oppure infine un cuore che ridà la vita, ma è stato portato via da un'altra vita – è un film eccezionale, straordinario, emozionante, inquietante, dove ogni affetto e sentimento vengono congelati e separati dal corpo dei personaggi che si susseguono nel corso convulso della pellicola, per presentarci degli automi che, come i cacciatori che si scorgono durante le frequenti battute di caccia nel bosco, proseguono il loro cammino incuranti di chi gli passa accanto, ma solo tesi a raggiungere il proprio obbiettivo, piegando chi si oppone loro sbarrandone il cammino.

 

 

 

 

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