Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Manoel Oliveira è il suggeritore che bisbiglia dietro le quinte, il burattinaio che muove i fili dietro ad un tendone; egli è l'anima invisibile e l'interprete nascosto di tutte le sue storie, che sono plasmate nel suo pensiero, ma non hanno il timbro della sua voce, né l'impronta della sua mano. Sono, di fatto, teorie sull'uomo, messe in scena anziché esposte per iscritto, la cui fondatezza non è sostenuta dalla solidità dell'argomentazione, bensì dalla forza della loro universalità. Per questo ogni suo film è un "film parlato": le vicende storiche sono esperienze umane vissute, e per questo i personaggi le raccontano; i sentimenti sono reazioni ai fatti che succedono, e per questo i personaggi li esprimono. La parola non solo è esplicativa, ma è controvertibile, ed è quindi il mezzo ideale per interagire con il prossimo e, magari, cambiare idea ed evolvere; o, in alternativa, per dimostrare con chiarezza l'incompatibilità con gli interlocutori. "Quinto impero" è la summa di questo modo di narrare, che qui, come mai altrove, rifiuta la scansione temporale e il movimento spaziale per congelare la storia in una situazione immobile come un dipinto, schiacciata dall'assenza di prospettiva in un'istantanea priva di profondità, e quindi eternamente presente. Costante ed uniforme è anche la luce dorata della maestà, che ricopre questo film al pari di un'icona: un fulgore abbagliante, come lo è, per Re Sebastiao, il richiamo della gloria e della ricchezza, le quali però, nelle zone d'ombra, seminano l'ingiustizia tra il popolo ed incoraggiano l'ipocrisia tra i cortigiani.
Illusione è il valore del tempo, del grandioso passato verso cui egli si sente debitore, e del luminoso futuro che ritiene di dover costruire, mentre lui è solo un uomo imprigionato dai propri desideri: sono questi ultimi, in definitiva, a guidare il nostro agire, ed è il modo in cui si scontrano con le circostanze a determinare ciò che chiamiamo destino. Ma se noi possiamo arginare la nostra infelicità rimodulando, all'occorrenza, i nostri, nulla possiamo contro le aspettative che gli altri riversano su noi e che definiscono, nostro malgrado, ciò che siamo. La tragedia di Re Sebastiao, il re atteso come un messia, è il dramma di tutti, ingigantito dal peso sociale del personaggio, ed amplificato dal coro numeroso e vario del suo regale entourage.
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