Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Forse sarò di parte con Amelio, ma anche i suoi film meno acclamati a me sembrano girati con un talento inconfondibile. "Le chiavi di casa" affronta un argomento difficile come l'handicap e lo fa con rigore e serietà, ponendo al centro della scena un vero ragazzo disabile, ma tenendosi lontano dai pietismi e dai toni zuccherosi di film come "L'ottavo giorno". Amelio è stato davvero coraggioso a scegliere un vero disabile che naturalmente non recita come potrebbe farlo un qualsiasi attore, ma interpreta in un certo modo se stesso, conferendo al film cadenze da documentario che non risultano per niente forzate, e chi lo ha accusato di strumentalizzare il dolore è fuori strada. Certo, non tutto è perfetto e vi sono anche dei difetti, come nel personaggio di Charlotte Rampling che fa una mater dolorosa di buona intensità ma a cui viene concesso troppo poco spazio. Tuttavia, il regista azzecca anche l'ambientazione in una Berlino indifferente al dramma dei protagonisti, fotografata da Luca Bigazzi con luci spesso cupe e una macchina a mano quasi da Dogma95. E il personaggio di Gianni è forse un alter ego del regista che vuole espiare sue colpe passate e a cui Kim Rossi Stuart offre una maschera credibile nel suo smarrimento. Rispetto ai vari "Rain man" e altri prodotti hollywoodiani su questo tema film di Amelio nasce da una cognizione del dolore più autentica e può contare su una progressione drammatica più convincente. Anche il finale in Norvegia si tiene lontano dal semplicismo mostrando che il processo educativo è una scommessa che si alimenta di piccoli successi e sempre piena di difficoltà.
Voto 8/10
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