Regia di Wong Kar-wai, Steven Soderbergh, Michelangelo Antonioni vedi scheda film
Montato diversamente rispetto alla presentazione veneziana, "Eros", film a episodi sui fremiti passionali e sulle tentazioni erotiche, è per due terzi un disastro, per un terzo uno squarcio di piacere nel petto. Se alla kermesse lagunare "Il filo pericoloso delle cose" di Michelangelo Antonioni(?) chiudeva rovinosamente il trittico, per l'uscita in sala i distributori hanno deciso, provvidenzialmente, di lasciare il posto d'onore a "La mano" di Wong Kar-wai, concedendo agli spettatori l'opportunità di cancellare l'angosciosa inconcludenza dei primi due episodi con un frammento di cinema che mette i brividi. Antonioni - o meglio Tonino Guerra - inanella una serie impressionante di triviali banalità spacciate per laceranti folgorazioni, descrivendo con esilarante goffaggine la crisi di una coppia tanto ricca quanto idiota. Nel verbosissimo "Equilibrium" Soderbergh si balocca col bianco e nero anni '50 e con l'illuminazione contrastata, raccontando i pruriti erotici di un analista deontologicamente scorretto alle prese con un tediosissimo paziente. Basti dire che il volo di un aeroplanino di carta dalla finestra di un grattacielo è il momento più indovinato dell'episodio. Fin qui la disperazione, rincarata dal lagnoso tormentone "Michelangelo Antonioni" ("Amore, inutile finestra..."), cantilenato dalla voce flautata di Caetano Veloso, ed esasperata dagli ammiccanti disegni di Lorenzo Mattotti. Ultimo frammento: sale in cattedra Wong Kar-Wai e ci delizia con trentacinque minuti di cinema "lombare", sempre più rarefatto, sempre più estremo nella definizione di un universo figurativo fatto di sfioramenti, di desideri lancinanti, di passioni esclusive. Ogni inquadratura è un delirio di sensualità sublimata, un fiammeggiare di tensione erotica inappagata, una struggente architettura di negazioni amorose trasfigurate in vertiginosa passionalità. Cinema, in una parola.
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