Regia di Guido Chiesa vedi scheda film
Non era facile, in una manciata di minuti rispetto alla ricchezza di base, sintetizzare i numerosissimi mondi altri partoriti dalla generazione del ’77. E dunque, la prima domanda alla quale Lavorare con lentezza risponde con appassionata esaustività, e cioè: rende l’idea?, si dipana con leggerezza e psichedelia tutta anni ’70, sia nella messa in scena che nella scelta di una colonna sonora puntualmente anarchica. Chiesa e la banda Wu Ming sono scaltri nell’aggirare una serie di inevitabili ostacoli e così il linguaggio violento che oggi suonerebbe assurdo ancorché noioso di quegli anni caldi e affollati, è superato dalla serie di siparietti girati come reperti da Cinema Muto; e l’affondo nella politica è diluito con l’escamotage del buco da scavare per arrivare al caveau di una banca. C’è la freschezza, la “non voglia”, il rifiuto del profitto come logica esistenziale, l’amore libero, la curiosità creativa che fecero di quella stagione una zona fertile da cui nacquero straripanti rivoluzioni, a cominciare dall’emancipazione femminista. Se manca qualcosa è in un angolo che si intuisce e che probabilmente è rimasto incagliato in una (in?)volontaria autocensura.
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