Regia di Carlo Ludovico Bragaglia vedi scheda film
Giulio è in fuga, crede di aver ucciso un uomo a revolverate. Nel corso di una intensa giornata incontra una donna con cui aveva avuto tempo addietro una relazione, e che è nel frattempo diventata la madre di suo figlio, ma anche un commissario di polizia a cui Giulio confessa l'omicidio.
Non è il classico melodramma gravido di angoscia e disperazione, pur col lieto fine accomodante del caso: questo Tutta la vita in ventiquattr'ore si nutre, sì, delle atmosfere cupe, oppressive, torbide del genere, ma offre anche qualche momento più spensierato o quantomeno rilassante, concludendosi per l'appunto in una maniera smodatamente positiva che ben si addice al 1943 in cui la pellicola esce in sala. Nel bel mezzo della seconda guerra mondiale Carlo Ludovico Bragaglia diventa uno dei registi più prolifici del nostro cinema, licenziando in serie ventidue (avete letto bene) film tra il 1939 e il 1943, principalmente commedie. Questa piccola incursione nel dramma, a ogni modo, funziona quanto basta per intrattenere il pubblico contemporaneo e per non annoiare quello odierno; anche la presenza nel cast di Andrea Checchi, Carlo Ninchi, Annette Bach, Carlo Campanini e Arturo Bragaglia fa il suo. Fotografia di Carlo Montuori, musiche di Ezio Carabella, montaggio di Fernando Tropea: tutti grandi artigiani e professionisti inappuntabili, a contribuire alla riuscita di un'opera senza eccessive pretese, ma dal discreto ritmo e dalla trama sufficientemente solida. La durata della versione reperibile su YouTube a marzo 2024 sfiora, senza arrivarci per poco, i settanta minuti; sceneggiatura dello stesso regista, da un soggetto di Amleto Faiola (prima e ultima sua comparsa sui titoli di testa di un film). 4/10.
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