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The Manchurian Candidate

Regia di Jonathan Demme vedi scheda film

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La recensione su The Manchurian Candidate

di spleenish
8 stelle

Epilogo rassicurante-inquietante. Toccherà al capitano Washington sventare il complotto, in un crescendo di grande tensione morale e spettacolare che riscatta le sfilacciature della parte centrale. Ma c'è una (vaga) speranza: se i privati (le multinazionali) complottano, l'Fbi vigila. Anche se a vedere con quanta prontezza i federali cancellano la verità dalla registrazione video trasformando Denzel Washington... in un biondo dal nome tedesco, c'è poco da stare tranquilli. La conspiracy theory sarà anche un genere sfruttato. Ma con le tecnologie di oggi, ne sentiremo parlare ancora a lungo."

Sulla trama

Bennett Marco e Raymond Shaw sono gli unici superstiti del loro plotone, rapito dell'esercito nemico durante la prima Guerra del Golfo. Anni dopo, tornati a casa, Shaw sale alla ribalta della scena politica mentre Marco inizia a ricordare che durante la prigionia sono stati sottoposti a un lavaggio del cervello e programmati per eseguire, tramite una frase specifica, ordini dei terroristi e mettere così in atto un complotto per il controllo della Presidenza degli Stati Uniti... "Poco spazio rimane per 'The Manchurian Candidate', rifacimento di Jonathan Demme del famoso 'Va'e uccidi'che nel 1963 anticipò l'assassinio di Kennedy. L'azione si sposta al tempo della Guerra del Golfo, Denzel Washington subentra a Sinatra nel ruolo di scopritore di una congiura basata sul lavaggio del cervello di un sicario senza colpa. Meryl Streep incarna da par suo l'anima nera dell'intrigo, ma il film denso e aggrovigliato risulta poco attraente e in USA non ha funzionato." Le spire di 'The Manchurian Candidate' sono molto più strette e, nonostante le lungaggini e la deprecabile tendenza a non spiegare a puntino quando, come e perché, si vede che Demme padroneggia con classe il genere fantapolitico e non si limita alla solita reprimenda anti-sistema. Le multinazionali padrone delle sorti del mondo assumono, nel ritmo incalzante e nella svariante messinscena, un ruolo apocalittico che oscilla tra le suggestioni avventurose (la Spectre nemica di James Bond) e il pessimismo cosmico caro ai maestri del noir come Dick o Gibson e ai filosofi della decadenza ('Il tramonto dell'occidente' di Spengler) Il ritratto di spietata politicante servito caldo da una MERYL STREP Mentre l'implicita reprimenda anti-Bush lascia - anche grazie al recente esito elettorale - il tempo che trova, il lieto fine più bizzarro che inquietante riporta il film nell'alveo del filone della generica lotta al sistema, dell'uomo solo contro tutti che ha come modello 'I tre giorni del Condor' Come Frankenheimer, neppure Demme sceglie un partito: la malattia sta nel sistema. Un film eccessivo e allucinato, macchinoso e divertente, istruttivo e macabro. Un thriller magistrale, il ritratto spaventoso di una crisi morale in cui nessuno osa dire più che domani è un altro giorno.

Su Denzel Washington

Lungi dal proporsi come film militante, 'The Manchurian Candidate' vuol essere una riflessione sul potere, la manipolazione, l'egoismo. Nell'assumere il punto di vista di Denzel Washingoton, risoluto malgrado la paura che la testa gli stia deragliando, Demme cade in alcuni effetti visivi inutilmente esibizionistici. Il resto è potente, coinvolgente, allarmante: anche se bisogna tenere sempre innescata l'attenzione per non perdere il filo di una storia complessa, tra derive scientifiche, lavaggi del cervello, labirinti dell'inconscio. Deciso a mettere in stato di allerta il pubblico, piuttosto che a rassicurarlo, il regista dispiega tutta la sua potenza di fuoco nella parte finale, messa in scena come un incubo che si materializza in realtà. Il lavoro è d'alta qualità e pone il prodotto nettamente al di sopra dei thriller politici correnti. Ma si tratta, appunto, di un prodotto senza quella vena di genialità che sonnecchia in Demme e che fece, del 'Silenzio degli innocenti', un capolavoro.

Su Jonathan Demme

Jonathan Demme non ha soltanto aggiornato la storia, ma ne ha modificato anche le identità e le psicologie dei personaggi. (...) E' soprattutto intorno a questo intrigo che Demme ha dispiegato il suo impiego maggiore fabbricandovi, tra le pieghe, tensioni e sorprese con un crescendo che esploderà alla fine in un attentato non diverso da quello che costò la vita a Kennedy. Interessano un po' anche le pagine tecniche sul lavaggio del cervello, ma a conquistare di più sono i personaggi, soprattutto i più neri, che ordiscono la terribile macchinazione. Si stenta a dimenticarli

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