Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
Con "Mare dentro" è la prima volta che mi capita di imbattermi in un film tutto sommato ben fatto (bravi tutti gli interpreti, c è anche una specie di sosia della Incontrada) ma così negativo nei contenuti. Agli opposti, quindi, la mia valutazione per quanto riguarda l'aspetto realizzativo e quello contenutistico.
I protagonisti sono un tetraplegico, una colpita da malattia degenerativa, e tutte le persone che ruotano attorno alla loro esistenza, L'argomento non è semplice, e a mio avviso l'unico merito del film è quello di portare a riflettere sull'eutanasia.
Per quella che è la mia esperienza di vita (avendo io avuto in passato, tra l'altro, una storia "profonda" con una persona segnata da una malattia degenerativa), e non solo per mie convinzioni morali o religiose, la storia ha in sé qualcosa di veramente mostruoso, raccapricciante, inumano.
Potrei anche comprendere la volontà di farla finita in una persona con quasi nulle capacità fisiche ma depressa, che dalla vita non riceve né gioie né amore e che quindi ritiene la propria esistenza brutta, arida, senza soddisfazioni. Da una persona scontrosa, che non riesce ad avere un rapporto positivo con gli altri. Da una persona ignorante o limitata intellettualmente, che non riesce a scorgere nulla di valore o di meritevole e degno della vita nell'attività intellettuale dell'uomo, nella sua sfera emotiva culturale.
Ma è assurdo (e questa assurdità colpisce sin dall'inizio, e per tutto il film) che a voler farla finita sia una persona con un bel carattere, amato e coccolato dai parenti e non solo (tanto che due persone si potrebbero definire innamorate di lui), ed a cui la testa funziona bene così da fargli scrivere poesie, e che si renda anche conto di poter essere di aiuto e di supporto a qualcuno.
Assurdo che una persona così, a dispetto di tanti che tengono a lui e che dalla sua morte avranno dispiacere, si impunti in questo suo obiettivo praticamente unico. Come se nella vita, avendo testa e cuore funzionante sebbene il corpo no, non ci fossero altri obiettivi e aspirazioni possibili. Assurde alcune affermazioni, come "La persona che davvero mi ama sarà quella che mi aiuta a morire" e " ... cesserò di vivere, rinunciando al mio bene più prezioso, il mio corpo".
L'impressione è che questo fosse per lui, nelle sue condizioni, l'unico e più sicuro modo modo per raggiungere la notorietà (e si sa che per raggiungere la notorietà la gente è disposta a tutto), Il che è a maggior ragione immorale e inaccettabile.
Un peso troppo limitato e con poca convinzione, seppur presente (e comunque sostenuto dalla maggioranza degli "altri" nei fatti), viene dato dal film al punto di vista del buon senso, della legge e della religione. Che viene espressa al meglio nella toccante frase detta dal padre: "Una cosa sola è peggiore della morte di un figlio: che voglia morire."
Il mio parere personale (sull'argomento, non sul film) è che in generale le persone che più hanno bisogno di noi (i bambini, i malati, i vecchi, i poveri) - e tanto più sono bisognose di noi - sono in realtà per noi anche un dono e un'opportunità, perché ci aiutano a tirare fuori dalla nostra esistenza il meglio di noi stessi, l'amore, sollevandoci sopra la banalità e la quotidianità del necessario, del profitto, dell'utile e del comodo imperanti.
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