Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Gioiellino di Spielberg.
Viktor Navorski (T. Hanks), proveniente dalla Krakozhia, un piccolo stato dell’Europa dell’Est, rimane bloccato all’aeroporto JFK di New York perché nel suo paese d’origine c’è stato contemporaneamente un colpo di stato e quindi tutti i passaporti sono stati revocati. Non può né tornare a casa, né entrare in America, perché il visto gli è negato.
Non gli resta che aspettare quindi, e dato che non ha dove andare, si “sistema” nel terminal dell’aeroporto.
Spielberg parte da un’idea originalissima (ispirata a una storia vera): l’uomo solo, straniero, bloccato in aeroporto, in una situazione paradossale, quasi “pirandelliana”. Uno spunto che da vita ad un gran film, una commedia piuttosto amara, che diverte, stupisce, a tratti commuove e soprattutto ci fa riflettere, diretta con una leggerezza unica, senza annoiare mai, nonostante tutta la vicenda si svolga all’interno dell’aeroporto.
Il protagonista si trova in una sorta di Limbo: è a un passo dall’America, ma non può entrarci, per una singolare circostanza; è in un paese straniero, non conosce quasi una parola d’inglese e le autorità non lo aiutano. Non ha un luogo dove andare e per giunta sa che nel suo paese c’è la guerra, ma non può farci nulla. Cosa fa Navorski a questo punto? Si arrende? Si abbandona alla disperazione? Assolutamente no.
Come il personaggio di Frank Abagnale Jr. in “Prova a prendermi” reagisce, anche se in maniera diversa ovviamente.
Si sistema come meglio può, in un uscita abbandonata, fa amicizia con il personale che lavora all’aeroporto, e piano piano scopre il mondo del terminal, pieno di tipi originali, sorprendenti manifestazioni di generosità e divertimento.
Riesce quindi a integrarsi e arriva perfino a innamorarsi dell’hostess Amelia Warren. In breve diventa quasi un mito all’interno dell’aeroporto, è benvoluto da tutti, tranne che dal direttore Dixon, che vede la sua presenza come un ostacolo per la sua carriera, e infatti vuole sbarazzarsi di lui. Ma non ci riesce.
E alla fine l’attesa di Viktor viene premiata: la guerra nel suo paese finisce, ottiene grazie ad Amelia un permesso di un giorno per entrare a New York, giusto il tempo di compiere la sua “missione”, per conto del padre (il tema del padre ricorre molto spesso nei film di Spielberg), ma non riesce ad avere l’amore di Amelia, che alla fine tornerà dal suo precedente fidanzato.
Ma a Viktor basterà poter tornare a casa.
Indimenticabile l’interpretazione di Tom Hanks, con il suo ingenuo Viktor Navorski, una sorta di moderno Candido che non si perde mai d’animo e affronta le difficoltà che la società gli pone di fronte con un sorriso sulle labbra.
Tra le scene d’antologia: la sequenza in cui Viktor riesce a far passare il russo che vuole portare i medicinali senza ricetta per il padre malato, facendo credere a Dixon che sono per una capra, la cena a lume di candela con Amelia e il finale.
In conclusione un gioiellino, un film che lascia il segno, ingiustamente sottovalutato e assolutamente da riscoprire.
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