Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Banco di prova di mentalità opposte, destinate a non incontrarsi mai.
Victor Navorsky... aspetta. Perché? Perché l'attesa è una condizione intrinseca ed innata dell'esistere, tanto da dire che tutta la vita non sia null'altro che un lungo aspettare. Però è uno status dinamico: difatti, se appena mette piede nel terminal Tom Hanks è accostabile al suo personaggio di Cast Away (che dopo il "naufragio" s'ingegna per individuare nuovi mezzi di sussistenza: qui dorme sulle panche, raccatta i nichelini dei carrelli e impara l'inglese comparando le guide turistiche), successivamente il suo attendere diventa una lotta contro un sistema gretto e bieco, che quando gli pare opportuno chiude un occhio (la scena in cui Victor è invitato ad uscire illecitamente dallo stesso direttore del centro, un grandioso Stanley Tucci) e quando non vuole abusa invece del pugno di ferro (il maltrattamento del povero straniero coi tubetti di medicinale). Così l'aeroporto si tramuta in un banco di prova di mentalità opposte, destinate a non incontrarsi mai. Purtroppo, nella parte conclusiva, la sceneggiatura di Sacha Gervasi e Jeff Nathanson s'invischia in un pantano favolistico (il gesto di martirio del vecchio sguattero, il sogno paterno realizzato, la fontana bizantineggiante) che allenta leggermente il potenziale di un film altrimenti encomiabile, di rara finezza e leggiadria. Bene Catherine Zeta-Jones e Zoe Saldana. Regia di Steven Spielberg sempre maiuscola.
Andante con brio la colonna musicale di John Williams.
BUON film (7) — Bollino VERDE
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