Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Un’americanata che si fa vedere.
Il signor Navorsky (un Tom Hanks comunque monumentale) prigioniero dell’aeroporto e dell’ottusità burocratica sarebbe destinato a fine ben peggiore se non fosse stato dipinto in salsa forrestgampiana, e quindi, pur incastrato in una situazione anomalissima e quasi disperata, capace d’imparare la lingua a tempo record, di rimediare una zona notte che neanche da Ikea, di fare incetta, prima dei soldi nei carrelli porta bagagli lasciati in giro dai turisti (a Fiumicino poteva pure morire…) e procurandosi poi lavoro (in nero ovviamente) e stipendio, fino a rimorchiarsi una super hostess, per poi ancora proporsi come negoziatore in una pericolosa situazione e diventare l’eroico, robinhoodiano, personaggio osannato dalla bassa manovalanza indigena in barba alle autorità aeroportuali.
Senza considerare che nel frattempo s’ingegna anche come cupido per far sbocciare l’amore tra due dei dipendenti locali coi quali aveva fatto amicizia e piazza in pieno aeroporto una fontanella gaudiana degna del Parc Guell… ed alla fine riesce anche a compiere l’unica, amorevole e tenera missione per la quale aveva abbandonato momentaneamente la turbolenta Krakhozia…
Rimane, insomma, un’americanata doc, ma si fa vedere tutta fino alla fine. Senza indagare troppo nei sogni, nella morale e nella psiche.
O forse indaga pure, ma per noi, rozzo volgo imbevuto al massimo di estratti wikipediosi, in maniera molto più leggibile…
Tratto da nessun romanzo del primo novecento, come capita invece sovente ai capolavori incompresi, ma da una storia vera, si.
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