Regia di Todd Phillips vedi scheda film
Potrebbe esserci un’incompatibilità di definizione narrativa (alta/bassa, concisione/dilatazione, chiusura/apertura) e di tempo dell’intreccio tra un serial e un film. Mondi a parte per almeno centocinquanta ragioni produttive e narratologiche. Però, non incompatibili. E il fallimento di trasposizioni, di conversioni, di riscritture, di filiazioni, di adattamenti è un dato statistico poco rilevante: i corpi e gli stilemi del grande schermo annegano, talvolta, nella taglia over-size del flusso ricorsivo della Tv. Nel leggere, in filigrana, una delle serie televisive più popolari e seguite degli anni ‘70 (uno dei passaggi più teneri e scontati è quello in cui, sciupati dall’età, si materializzano, come immagini laiche dell’immaginario catodico, Paul Michael Glaser e David Soul con la loro automobile da collezione) il regista Todd Phillips, contando sulla complicità di set e di vita di Ben Stiller (all’altezza della sua ottima media d’attore) e di Owen Wilson, gioca con il telefilm come farebbe un esperto di merchandising della memoria, un collezionista di modernariato, un visitatore-fan di un museo di archeologia sui riti e sui costumi della televisione dell’era preistorica. Le gag, i dialoghi, le situazioni, la comicità (notevolissima la presenza di Will Ferrell nel ruolo del detenuto “suonato”) non possono che essere moderne e il passato diventa una vetrina di vestiti, maglioni, parrucche e di pose cool.
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