Regia di Laura Mañá vedi scheda film
I film al chiuso sono sempre molto rischiosi. C’è il pericolo della claustrofobia manierata, della ripetizione, dell’esaurimento del giochino dopo una mezz’ora. Il pericolo è ancora più alto quando si tratta di thriller o di horror, che, lo sappiamo, permettono sì slittamenti e sovvertimenti, ma sempre con scaltrezza. Ancora, il pericolo aumenta a dismisura quando in scena ci sono solo due personaggi. Al di là dei confronti con il palco teatrale, spesso un film che presenti queste caratteristiche si inchioda al pavimento, e annoia. Un uomo imbavaglia e lega a una sedia nel suo appartamento una psicanalista, obbligandola a vedere un video in cui lui confessa azioni efferate. Cosa vuole il maniaco? E lei è davvero una vittima? E a quale pro il gioco delle parole, una specie di settimana enigmistica verbale, a cui l’uomo costringe la donna con la promessa di liberarla in caso di vittoria? Purtroppo sono domande che fanno la figura degli indovinelli dei gialli Tv dell’ora di pranzo. E la tensione della situazione si smorza via via in un susseguirsi di rivelazioni che tedia. In più, Parole assassine risulta perfino prevedibile: niente di più grave, visto il contesto. In sottofondo, una filosofia e una moralina spicciole e discutibili, che non riveliamo. Bravi, comunque, il Grandinetti di Parla con lei e la Toledo di Amores perros.
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