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Laws of Attraction. Matrimonio in appello

Regia di Peter Howitt vedi scheda film

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La recensione su Laws of Attraction. Matrimonio in appello

di giancarlo visitilli
6 stelle

La premessa: “Gli avvocati sono la feccia e i divorzisti i funghi che vi crescono sopra”. Così, con il suo nuovo film, il regista del già bellissimo Sliding Doors, Peter Howitt, racconta le vicende di due famosi avvocati divorzisti di New York: Daniel Rafferty e Audrey Woods.
Laws of attraction – Matrimonio in appello, piuttosto difficile ammetterlo, è un’arguta commedia sulla dissoluzione dell’amore e tutto ciò che essa comporta, compreso un atteggiamento antitetico nei confronti della propria professione, nonostante i due avvocati fossero al culmine delle loro rispettive brillanti carriere.
Due caratteri diversi, due modi di concepire e applicare la legge: lei che si attiene strettamente a ciò che è scritto sui codici; lui, nonostante abbia sempre “l’aria di un letto sfatto”, è dotato di un’arguta capacità di giudizio. Entrambi si compensano e riescono a mantenere in equilibrio la bilancia della Giustizia, almeno fino a che si trovano l’uno contro l’altra nel divorzio di due personaggi pubblici molto noti, lei una stilista all’ultimo grido e lui un rocker che fa impazzire le adolescenti, i quali si contendono un castello irlandese. Audrey e Daniel vengono coinvolti in una romantica festa nella campagna irlandese, in realtà è il modo per raccogliere entrambi deposizioni, ma sarà quella l’occasione che farà nascere tra loro una forte attrazione, che non vogliono però ammettere, nonostante dopo una notte di festeggiamenti scatenati, si svegliano la mattina dopo marito e moglie. Torneranno a New York per affrontare non solo il caso di divorzio, ma anche la loro sorprendente nuova situazione. Non ci sarà legge o codice capace di giustificare la loro attrazione e il loro crescente innamoramento. D'altronde è evidente che il regista ha dovuto rifarsi a tutta una serie di altre commedie rosa, che hanno già posto in giusto rilievo l’incapacità dell’obbedienza alle leggi, quando si tratta d’amore, uno su tutti La costola di Adamo di George Cukor (1949), con Spencer Tracy e Katherine Hepburn. Anzi, entrambi Brosnan e Moore, bravissimi comunque, sembrano i cloni di Tracy e della Hepburn.
Peccato che, specie nella seconda parte del film, si avverte in modo abbastanza evidente un rallentamento del ritmo, che finisce per smorzare l'efficacia di certe battute e situazioni con le quali il regista ci aveva ben fatto sperare. A proposito: che ne è della mamma di Audrey? Personaggio sul quale spesso il regista si sofferma, ma che resta incompiuto e statico nella sua eterna giovinezza. Così come è indubbio che lo spettatore non sia infastidito dall’eccessivo moralismo tutto ‘made in Usa’ (and Italy), di cui è invaso l’avvocato Daniel Rafferty. Come lui, solo un legale della Sacra Rota, che tenta di ricomporre i cocci di un progetto che, secondo le leggi divine, dio unisce e “l’uomo non deve osare slegare”, anche se poi, in realtà, di tutto si tratta, fuorché dell’amore vero. Lo ammette più volte la stessa Audrey: “Il matrimonio è un’istituzione morta e sepolta”.
Matrimonio in appello, alla fine, non sarà certamente un film fondamentale nella storia del cinema, come lo è ancora il film di Cukor, tuttavia è una commedia che fa riflettere su quanto valore abbiano ancora oggi le leggi in amore. Alle quali ricorriamo solo in caso di divorzi, quindi di rotture e separazioni. A tal proposito, è abbastanza curiosa la notizia secondo la quale, durante le riprese del film a Chinatown, il 14 agosto del 2003, si è verificato il grande blackout che ha colpito gran parte della costa orientale: non esistono leggi o accorgimenti umani che reggano, specie nel caso di blackout, interruzioni e sincopi in amore.
E se ai blackout prima o poi si pone riparo, non è detto che nel caso dei rapporti umani ci sia necessariamente bisogno di ricomporre ciò che le leggi della natura hanno raggelato, infranto e, per fortuna dei due, fatto rinascere a nuova vita. Peccato che nei film (specie quelli americani) e nella realtà di ogni giorno (specie italiana) ci si ostina a rendere “legalmente vincolati” sempre e tutto ciò che oramai non ha più senso d’essere unito. Specie se si tratta d’amore.
Giancarlo Visitilli









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