Regia di Augusto Caminito vedi scheda film
Quando si incontra Klaus Kinsky davanti allo schermo, ci si può attendere di tutto, così nei film ed a maggior ragione nei documentari. Personaggio sempre contro corrente, strafottente ed iconoclasta, ribelle per antonomasia e raro animale da palcoscenico. Interessante notare come il nome da lui portato fu un nome blasonato, derivante dalla casata medievale dei Kinsky, originaria della Cechia di un tempo. Il portare un nome non significa comunque appartenere ad un certo ceto de facto; il vero nome di Klaus fu Klaus Günter Karl Nakszynski, il che fa pensare che l'attrazione dell'attore verso la nobiltà o comunque verso un certo tipo di nobiltà, fu cosa indiscutibile.
Questo film, che a mio avviso, è bene dirlo, rimane l'unico esemplare di vera denuncia (in ambito cinematografico) contro il massacro delle foche perpetrato da spietati individui senza più un'anima, rimane fra quei lavori dove quel certo nonsoché continua ad aleggiare dall'inizio alla fine. La sparizione del personaggio nella parte centrale rappresenta forse il perno attorno al quale girano le domande senza risposta nella mente degli spettatori e la sequenza di paesaggi davvero mozzafiato (posso immaginare pur non conoscendo, l'importante budget impiegato per realizzare cotal somma di benefici visivi) li tiene incollati al televisore dall'inizio alla fine. Una sorta di giustiziere dunque, che lascia di se il ricordo di un personaggio indomito e difficilmente classificabile, ma che da vita ad uno dei piu interessanti lavori nel genere avventuroso, non dimenticando di sottolineare come già fatto in precedenza, il coraggio della denuncia. ndr...il film è in effetti irreperibile, il mio è stato un colpo di fortuna.
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