Regia di Luciano Salce vedi scheda film
Colonne del nostro cinema
Siamo nel 1944 e in un'Italia con le case e i muretti già distrutti e una situazione ambigua, in attesa della fine della guerra, c'è ancora chi farebbe qualsiasi cosa per un'onoreficenza: tra questi il graduato fascista Primo Arcovazzi, sicuro di sé, austero, disciplinato e "schiavo" del partito, che per conseguire il grado di federale è disposto a seguire la condizione concessagli dai superiori, ovvero condurre a Roma come prigioniero di guerra l'importante oppositore del regime e intellettuale Erminio Bonafé. Il viaggio cominciato in sidecar sembrerebbe un semplice e taciturno compito, ma tra imprevisti, bombardamenti e qualche tentata fuga, si rileverà più movimentato, insolito (e divertente) del previsto. I due sono esatti opposti: il primo è ignorante e fermo nei suoi ideali, il secondo è democratico e colto, tanto da portare con sé un libricino di poesie che per il fascista è utile solo come raccoglitore di cartine. Dunque vediamo un continuo scambio di opinioni, perennemente inutile dato che sono inconciliabili: se il militare ritiene che la libertà risieda in quella che per il professore è "schiavitù", quest'ultimo non esita a fare un esempio per spiegare la "perfezione" del governo del popolo, sottolineando continuamente l'inutilità della guerra. Nonostante la pellicola sia pervasa in fondo da un senso di malinconia e abbia il peggiore dei contesti, l'itinerario è allegro, con il piacevole tema di Ennio Morricone che accompagna spesso le scene on the road, e ai due ne succedono di tutti i colori: buche con acqua e fango che gli inzuppano, un velivolo anfibio malfunzionante, una presentazione in mutande, un camioncino che offre passaggi a condizione di spingerlo e fermarlo alle discese a causa degli inutili freni: sono tanti gli elementi che rendono questo viaggio difficile da dimenticare e leggero, nonché satirico, quasi a voler criticare un sistema ormai agli sgoccioli che merita solo la messa in ridicolo, limitata però da un profondo finale, dimostrazione che difficilmente un uomo diventa una bestia e, in questo caso, il protagonista era semplicemente spinto dal senso del dovere, non dal sadismo o dalla cattiveria. Una storia pensata da Castellano e Pipolo e scritta dai due insieme a Luciano Salce, anche regista, che è una colonna della commedia italiana ( basti pensare ai primi due "Fantozzi" e "Vieni Avanti cretino") e che qui si avvale di numerose inquadrature e panoramiche ricercate, firmando una delle sue opere più importanti e impegnate. Ma il risultato finale non può prescindere dai due attoroni: un giovane Ugo Tognazzi, serio e capace di mostare il suo talento non solo comico, e Georges Wilson, perfetto nel ruolo dell'acculturato, apparentemente tranquillo ma capace di ribellarsi, di non subire. Poi c'è anche Stefania Sandrelli (doppiata) nei panni di una giovane ladruncola, Gianni Agus nella sua solita parte del "capo" (ma questa volta per poco) e lo stesso regista in un cameo nella veste di tenente. Un classico assolutamente da recuperare.
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