Regia di Min Byung-chun vedi scheda film
Che brutto, noioso, pachidermico, confuso, inerte mattone di fantascienza che è il coreano Natural City. E, guarda caso, viene prontamente distribuito nelle nostre sale. Eppure il regista Min è quello del bel Phantom The Submarine. Visivamente pomposo, tra migliaia di effetti digitali, formato 2.35, ralenti a non finire e duelli in time-lapse, il film è un concentrato di tutta la sci-fi post Blade Runner (compreso), un minestrone di cyborg che stanno per scadere, poliziotti innamorati di cyborg, poliziotti che arrotondano lo stipendio col mercato nero dei cip dei cyborg, poliziotti a caccia di cyborg ribelli e sadici, cyborg ribelli e sadici che vogliono continuare a vivere oltre la loro durata, eccetera eccetera. La trama è nebulosa oltre il dovuto, e non si capisce niente. Dopo una scena d’azione iniziale, c’è un’ora secca in cui non accade alcunché. Poi esplode tutto. La storia d’amore tra il protagonista R e la cyborg Ria è ridicola mica poco (da sghignazzi la loro corsa in moto): lui ha sempre il broncio, lei è una demente inebetita che guarda perennemente nel vuoto, e viene voglia di vederla spiaccicata contro il muro. Un minimo divertimento arriva dalle botte sanguinose che pigliano i personaggi per mano di ninja tosti e velocissimi. Altro non c’è.
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