Regia di Gavin O'Connor vedi scheda film
Tempo di Olimpiadi e quindi tempo di film sportivi che tramandano imprese eroiche. Come quella della nazionale statunitense di hockey su ghiaccio che, nel 1980, a Lake Placid, sfidò e vinse l’imbattibile squadrone sovietico, che non perdeva da vent’anni e oltre quaranta incontri. Detta così, sembrerebbe la tipica parata tronfia a stelle e strisce, con gli americani dalla parte dei buoni e i comunisti rossi a riempire la zona dei cattivi. E invece, sorpresa, Miracle è soprattutto il ritratto di un allenatore, vale a dire Herb Brooks, una sorta di Sacchi dell’hockey, teorico del gruppo, degli allenamenti massacranti, del mi rompo ma non mi spezzo, della tattica applicata alla smagliante condizione fisica. Altro che doping: sei mesi di ritiro a correre e pattinare, a capire le strategie del coach che, nel 1960, fu spedito a casa una settimana prima dei Giochi Olimpici, dove la sua squadra vinse la medaglia d’oro. Ogni dettaglio è vero, ciascun episodio è documentato, con una voglia di riscatto capace di mangiarsi tutto il ghiaccio minuto per minuto. Aggiungiamoci una retorica tenuta a bada dal regista O’Connor, le implicazioni politico-ideologiche (i russi decisero di andare a Lake Placid, gli americani di non andare a Mosca) ben calibrate sullo sfondo (e sugli efficaci titoli di testa che, in tre minuti, setacciano gli interi anni ‘70), riprese tecniche che appassionano anche i non appassionati dello sport in questione, ed ecco un film medio di simpatica dignità, abitato tra l’altro da un Kurt Russell misurato e funzionalissimo, che dev’essersi fatto condizionare non poco dalla figura di Brooks, al punto di somigliargli persino fisicamente (il vero Herb, purtroppo, è morto poco dopo le riprese del film, e non ha fatto a tempo a vedere le sue gesta su grande schermo). Tra i demeriti della pellicola, una lunghezza non legittimata dalla narrazione (ergo: una ventina di minuti di troppo).
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