Regia di Jay Russell vedi scheda film
Tenterò di sforzarmi nell'essere il più possibile imparziale, altrimenti il mio giudizio non potrebbe essere diverso dall'ottimo, se dovessi prestare ascolto ai miei veri sentimenti. Per manifesta volontà dei suoi realizzatori, infatti, il film si rivolge in particolare ai bambini, ai nonni e agli amanti degli animali. Rientrando io in quest'ultima categoria, posso testimoniare quanto l'obiettivo sia stato centrato.
Basata sull'omonimo libro autobiografico scritto da Willie Morris, la storia rasenta un sincero spaccato di vita che sarebbe alquanto riduttivo annoverare soltanto fra le commedie. Anzi, il tono in sostanza si riconosce assai più nei canoni del genere drammatico. L'intreccio non riserva grandi sorprese, nel senso che a dominare è ovviamente l'affezione nei confronti del Jack Russell Terrier del titolo, interpretato da ben tre esemplari distinti (Sweetie, Enzo e Moose) per ovvie ragioni. Se si segue la narrazione con attenzione costante, ci si commuove o si sorride, i meriti sono primariamente suoi.
Meno scontata era una riuscita orchestrazione dei personaggi umani. Per fortuna non è questo il caso del decadimento su questo fronte, al contrario di tanti altri prodotti analoghi. Frankie Muniz si dimostra attento e capace nel restituire il padroncino Willie Morris ed è affiancato da un cast di contorno che valorizza delle parti già dignitose sulla carta. Il padre Jack Morris (Kevin Bacon), la madre Ellen Morris (Diane Lane) e l'amico Dink Jenkins (Luke Wilson) sono soltanto alcune di queste figure secondarie. Adulti e bambini, ciascuno compie il suo dovere e l'insieme funziona.
Oltre all'onestà e bontà complessiva, merita una citazione specifica il notevole contributo della colonna sonora di William Ross. Il compositore sa quando è il tempo della spensierata allegria e quando invece si prospetta la necessità di una struggente empatia. Tutto questo è riproposto in un contesto musicale con professionalità.
Complice forse il triste lutto da me purtroppo vissuto non molti mesi or sono, mi sono sentito ancor più coinvolto. Contavo di essere riuscito a superare quel trauma, ma evidentemente mi sbagliavo. Tale ferita non si rimarginerà mai. Alla comparsa della foto del cane al termine nei titoli di testa ho trattenuto a stento le lacrime, situazione nella quale mi sono ritrovato pure in altri momenti durante la fruizione; alla scena conclusiva, poi, i miei freni inibitori hanno definitivamente ceduto e mi sono lasciato andare allo sfogo di un pianto liberatorio. Ho così avuto l'esperienza diretta che sul serio il ricordo dei nostri amici a quattro zampe rimane scolpito per sempre nei nostri cuori.
In una cittadina del Mississippi, estate 1942. Quando compie nove anni, Willie riceve tanti regali, ma l'ultimo è quello più gradito, un cagnolino che lui chiama Skip. Il padre Jack, però, pensa che sia ancora troppo presto e porta via l'animale. Willie cade in una profonda tristezza, dalla quale si risolleva solo quando la madre Ellen riesce a imporsi e a restituirglielo. Willie e Skip crescono da quel momento insieme, e la presenza del cane va di pari passo con i momenti importanti della crescita del ragazzo.
Encomiabili sono le musiche di William Ross. Soprattutto il tema principale è davvero strappalacrime.
Nulla.
Questo è per me il suo miglior film, senza se e senza ma.
Ben interpreta il piccolo Willie Morris, con convinzione e credibile partecipazione. Non male per la sua età.
Un ruolo ridotto, è Dink Jenkins.
Discreta prova nella parte classica della madre, Ellen Morris.
Jack Morris non è solo negativo come sembra in apparenza e l'attore è bravo a dargli spessore.
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