Regia di vedi scheda film
Penalizzato da un titolo inappropriato e fuorviante (nulla a che fare con la serie erotica, peraltro apocrifa, interpretata da Laura Gemser e diretta da Joe D'Amato), Emanuelle e Françoise è un film che sfugge da una catalogazione di genere ben definita anche per la volontà di metterne in circolazione una versione estrema per il circuito dei film a luci rosse. Lo potremmo definire un thriller nero che mette in scena una crudele e perversa vendetta compiuta per interposta persona.
Esce a metà anni settanta e questo lo aiuta a esser ricordato come uno dei primi esempi del sexploitation all'italiana ovvero di quel cinema incentrato su un'esibizione esplicita di scene di violenza e di sesso. Addirittura c'è chi lo indica quale ispiratore di Misery non deve Morire. Non deve infatti sorprendere se, negli anni novanta, Stephen King scriverà un soggetto quale Il Gioco di Gerald che, a suo modo, si avvicina alle tematiche del film.
Al centro dell'operazione ci sono due dei maggiori rappresentanti del genere: Bruno Mattei e Joe D'Amato, al secolo Aristide Massaccesi. I due, secondo alcune ricostruzioni, si alternano alla regia con risultati superiori alle medie qualitative dei rispettivi film. Mattei rivendica come proprio il film, sostenendo che Massaccesi si è limitato a curare la fotografia e a firmare il lavoro per ragioni produttive. In realtà, con tutta probabilità, Mattei, non ancora regista, supporta Massaccesi alla regia, in veste di aiuto, e produce insieme a Gaudenzi il film. Un occhio esperto, infatti, non tarda a riconoscere la mano assai più ispirata di D'Amato. La cura realizzativa è resa evidente sia dalla scelta delle inquadrature, dai movimenti sui volti degli attori e dalla curatissima fotografia. Aspetti che denotano un'attenzione che solitamente non è presente nei film di Bruno Mattei, mentre è tipica di D'Amato.
Al di là degli aspetti visivi, Emanuelle e Françoise è un film che sorprende e supera le aspettative dello spettatore appassionato del genere, riuscendo a essere interessante anche senza le scene che dovrebbero costituire l'elemento centrale del film. L'intreccio, firmato da Mattei e D'Amato, è probabilmente riconducibile all'intervento in scrittura di Luigi Montefiori (abile sceneggiatore). Bruno Mattei dichiara di aver rubato l'idea da un film greco in bianco e nero mai distribuito in Italia. Forse anche per questo, potrebbero dire i malpensanti, il soggetto è molto più solido della media dei prodotti dei due registi. La storia è buona, giostrata su una perversione che la eleva ulteriormente di qualità. Il tema è quello dei sogni disattesi, dell'amore infranto e della malattia del gioco d'azzardo che porta alla rovina delle famiglie. Un mix ben gestito in fase di scrittura su cui si innesca un thriller sadico abilmente giostrato da una donna che si scopre sadica e perversa (l'ottima Rosemarie Lindt, non particolarmente giunonica ma con due gambe da paura). Sono gli anni in cui Wes Craven con L'Ultima Casa a Sinistra (1972) ha seminato il germe da cui prenderà piede il cosiddetto rape & revenge. D'Amato, se vogliamo, anticipa pellicole come Non Violentate Jennifer (1978) e lo fa con una storia assai più articolata e perversa. Una specie di torture porn ante litteram votato al femminile, in cui allo splatter si sostituisce un voyeurismo malato che assimila il trattamento subito da Montefiori (ottima interpretazione) a una specie di lenta tortura cinese. La parabola raccontata da D'Amato è drammatica e nera, una discesa nella follia che non ammette vie di uscita neppure per la vendicatrice. Massaccesi diluisce la storia con lunghe scene di sesso spinto (saffico compreso), nudi integrali, ma anche un banchetto cannibalico che rimanda all'epilogo de Il Profumo della Signora in Nero (1974) di Barilli. Realtà e allucinazioni si mischiano, offrono momenti di puro onirismo in cui tutto diviene possibile. Dolore e piacere si miscelano in un coacervo di emozioni che fungono da sintesi del sadismo o, se preferiamo, del sesso perverso.
Il finale, dopo una sequenza intrisa della tensione che è lecita attendersi da un giallo all'italiana di qualità, strizza l'occhio a Edgar Allan Poe e alla narrativa pulp americana, con il fermo immagine e l'urlo di Montefiori che difficilmente si lasceranno scordare, mentre realizzerà di esser caduto vittima del piano ordito dalla sua aguzzina.
In quest'ultima parte di film, D'Amato e Mattei operano un ribaltamento situazionale in cui la vittima (un mero sfruttatore senza sentimenti) sarà percepito come il vero mostro, mentre la perversa e delinquente vendicatrice (colpevole di rapimento di persona, lesioni personali e riduzione in stato di schiavitù) la giusta moralizzatrice.
Ottima la colonna sonora, piuttosto variegata, di Gianni Marchetti che si firma Joe Dynamo.
Gordiano Lupi, che ha dedicato interi volumi a Bruno Mattei e Joe D'Amato, definisce l'operazione “un ottimo film caratterizzato da una storia credibile, cruda al punto giusto, che appassiona e disturba come un horror viscerale.”
Di certo, è tra i migliori dieci film dell'intensa produzione di Joe D'Amato, il migliore in assoluto se si considera la produzione di Bruno Mattei. È da recuperare assolutamente nella versione uncut presente sul mercato dei DVD, onde evitare di accontentarsi della proposta ultra tagliata che va in onda su Cine 34 (elogio comunque al canale).
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