Regia di Wes Anderson vedi scheda film
Quei figli de na bona donna de Sky, che accidenti a me e alla mia passione per lo sport non riesco a farne a meno, quei figli di madre ignota de Sky che ogni cosa che gli chiedo poi me la fanno a rovescio, quei figi de mignotta de Sky mi hanno REGALATO un anno di cinema GRATIS.
REGALATO e GRATIS presuppongono una inculata futura, lo si sa.
Ma ho accettato lo stesso.
Scorro i primi due giorni di programmazione dei 6,7 canali di cinema, circa 90 titoli, e ne trovo DUE vedibili.
Se non altro potrò rifare il simpatico esperimento che fece mesi fa, quello delle RECEZAPPING.
Comunque uno dei due film vedibili era Rushmore.
Credo che questa sia l'ennesima conferma che ho con Wes Anderson.
Ennesima poi mica tanto, visto che alla fine devo ammettere di aver visto appena 3 film del geniale regista americano che, per tornare a un argomento che abbiamo dibattuto da poco, senz'altro autore bisogna considerare, senza dubbio.
Rushmore è il suo debutto in società, il suo ballo delle debuttanti, la sua opera seconda che somiglia tanto ad una prima.
La cosa incredibile è che capisci che ci troviamo davanti ad Anderson dopo 3 secondi -tre-.
Inizia il film e c'è un quadretto, vero emblema della regia andersoniana.
Poi parte una delle sue colonne sonore inconfondibili che io, da non esperto musicale, non so descrivere, ma che sono di Anderson lo capisci subito.
Tre secondi e non solo capisci che sei in un suo film, ma capisci già che al suo debutto, in tre secondi, lui aveva già "esposto" tutto il suo marchio, la sua poetica.
Ma torniamo alla conferma di cui sopra.
Ecco, ho visto poco di Anderson ma posso dire senza dubbio che non sarò mai un suo fan sbavante.
Trovo i suoi film deliziosi, teneri, a tratti geniali, colorati e spumeggianti.
Ma, oh, a me sembrano di una deliziosa inconsistenza.
Meravigliosamente innocui.
Manca qualcosa, manca ciccia, manca anima o, se c'è, è un'anima troppo leggera.
E non parlo di contenuti o stile, ma proprio di quello che ti resta dentro quando li vedi.
Anche la brillantezza, una delle costanti andersoniane, è una brillantezza che non raggiunge mai il top. I dialoghi sembrano tutti ben scritti, divertenti, assurdi e grotteschi, ma ne servono 10 per raggiungere il livello di 1, per fare un nome a caso, di Woody Allen.
Gran personaggio comunque quello di Max Fischer, il 15enne protagonista di Rushmore.
Uno studente scarsissimo nei voti ma di una vitalità e creatività infinita, uno che fonda decine di club "collaterali", uno che tutto quello che non fa parte degli studi tradizionali lo fa suo.
In realtà un vero talento in mezzo a tutte le cose che fa ce l'ha davvero, il teatro.
Si crede il migliore di tutti, parla con chiunque come fosse un suo pari, persino col preside di una scuola elitaria come quelle, la Rushmore appunto.
Non vede alcuna differenza di età, censo o ruolo con nessuno, si "vende" in una maniera stupefacente.
Credi che quella sia la sua reale natura e attitudine ma poi, più il film va avanti più avvertiamo la sensazione che Max in realtà reciti un personaggio, cerchi di emanciparsi e di nascondere quello che è realmente, un povero figlio di barbiere.
Cercherà di conquistare il cuore di una maestra 15 anni più grande di lui con le stesse tecniche di un uomo fatto e finito, farà amicizia con un magnate dell'acciaio, Bill Murray, che a sua volta si innamorerà poi dell'insegnante, dando vita a uno stranissimo triangolo che va dai 15 anni ai 50.
Si sorride, si sta bene, si respira un'aria pura ma, come detto, tutto appare un pò inconsistente.
Buffo vedere come appaiano cose che Anderson userà poi, e non mi riferisco solo alle celeberrime inquadrature perfettamente centrate, ai quadretti, o alla colonna sonora, ma anche all'uso di lettere, biglietti, che Anderson oltre a far leggere in voice off ama mostrare allo spettatore, oppure quell'albergo e la sua ascensore che poi diventerà protagonista assoluto di Grand Budapest Hotel.
Rushmore è la storia di un amore impossibile e di un ragazzo che sogna in grande, in tutti i campi.
Soltanto che lo fa in maniera troppo prematura...
E alla fine forse Max raggiungerà la sua dimensione in una bottega da barbiere, in una scuola pubblica, in una ragazza bruttina ma che può esser sua e in uno spettacolo teatrale che esalterà tutto il suo talento.
Rushmore non racconta lo svanire di sogni nè lo smontare le velleità e le aspirazioni di un ragazzo.
Può sembrar questo ma in realtà racconta come quando miri al massimo, quando provi a rendere la tua vita straordinaria, per quanto poi dovrai abbassare ogni volta l'asticella, raggiungerai comunque il massimo che potevi raggiungere.
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