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Cartoni animati

Regia di Franco Citti, Sergio Citti vedi scheda film

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La recensione su Cartoni animati

di FilmTv Rivista
6 stelle

Quattro anni fa, Franco Citti, il mitico attore-non attore protagonista di Accattone (e poi di mille altri film), esordisce nella regia. A riprese iniziate, si fa dare una mano dal fratello Sergio, che invece, dopo essere stato aiuto di Pasolini, è uno dei registi più singolari e fantasiosi del cinema italiano. Leggenda vuole che Sergio chiedesse al fratello: «Ma che, giri ‘n film? E quanno giri almeno lo sai ‘ndo mette ‘a macchina?». E Franco: «E ‘ndo a devo mette? Ner garage...». Cartoni animati venne presentato a Venezia senza particolare eco. Poi la casa di produzione fallì e il film finì nel frigo. Nel frattempo sia Franco che Sergio hanno avuto gravissimi problemi di salute. Adesso il film esce, quasi clandestinamente, ed è difficile considerarlo con occhi sereni. Il filo narrativo segue il balordo Onorato (Citti), perseguitato da Lietta (Melli), vestita da sposa: forse lei lo ha davvero sposato, e forse lui è davvero morto andando in chiesa. Ma forse no, tanto non da ora «essere vivi ed essere morti è la stessa cosa». Intorno a loro, vari personaggi di marginali, tra cui dei senzatetto che vivono nei cartoni, e Salvatore Salvatutti (Fiorello), spacciatore di sogni. Che il film sia scalcagnato e senza controllo non è un problema, ma quasi una necessità del suo progetto. Il problema piuttosto è che il mondo di (dei) Citti, l’elogio del sottoproletariato sognante (con tanto di citazione iniziale da Miracolo a Milano) e la sua filosofia “lumpen” rischiano di essere senza mordente. Sembra un Ufo, questo Cartoni animati: legato a idee, immagini, progetti, figure, personaggi che erano già compianto ed elegia trent’anni fa, tanto da risultare a tratti stanchi ed evasivi, anche se il film ha continue trovate felici, autenticamente poetiche. Ma che un titolo come questo ci appaia oggi “inutile” o anacronistico, non è certo solo colpa dei fratelli Citti. E basta il suo procedere vagabondo a mostrarlo come un film libero in mezzo a film schiavi del mercato e della mediocrità creativa, un film umano in mezzo a film-zombie. Fiorello funziona in maniera sorprendente, Franco Citti si porta in giro con la solita rude grazia, mentre un handicap è l’interpretazione di Elide Melli, rigida e leziosa.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 29 del 2004

Autore: Emiliano Morreale

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