Regia di Franco Citti, Sergio Citti vedi scheda film
I sogni non costano nulla. Esattamente come la poesia, che si posa leggera su ogni luogo, anche su un capannone abitato da una comunità di senzatetto. Però, in questa storia, la poesia è stata trascinata attraverso il fango del disagio sociale, e strofinata sul ruvido cemento della periferia degradata, e non ha più nulla del lirismo litografico delle borgate ritratte da Pier Paolo Pasolini. La voce rotonda del canto popolare si è ormai consumata, il velo di autenticità autoctona è stato squarciato dalla globalizzazione, dalle multinazionali, dal multiculturalismo. I fratelli Citti strappano a "La terra vista dalla luna" la favola dei due sposi immaginari, che sono ancora stralunati, ma appaiono spogliati di ogni benefico incanto. "Lieta" e "Onorato" si muovono raminghi in un contesto urbano amorfo, privo di forma e di carattere, in cui i cumuli di rifiuti, anziché raffigurare l'indefinibile "ricchezza" della povertà, sono solo oggetti morti e dismessi. Sono le scorie postindustriali delle grasse fantasie felliniane a fare da contorno al disperato pellegrinaggio dei due protagonisti. La loro meta è una vita migliore, o forse solo più "vera": un sogno che sembra a portata di mano, ma per il quale non sembra esserci posto nel mondo. D'altronde, nessun blocco di cemento può ospitare le fantasticherie delle anime profondamente libere, che hanno la docile malleabilità del cartone, e la luminosa evanescenza di un fluido magico.
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