Regia di Franco Citti, Sergio Citti vedi scheda film
"Cartoni animati" girato nel 1997 avrebbe dovuto chiamarsi "Peppe non ama Maria" e doveva essere girato dall'"esordiente" Franco Citti ispirato da un allegro racconto firmato con l'aiuto del compianto Ennio De Concini. Sergio, il fratello maggiore, intervenne provvidenzialmente al recupero del progetto, cercando di limitare il più possibile il travaglio derivante da intoppi produttivi e distributivi che, nello specifico, congelarono comunque il film per ben sei anni, rendendolo invisibile. Quando nell'estate del 2004 il film uscì indegnamente in pochissime sale era già troppo tardi: Franco e Sergio avevano gravi problemi di salute e l'evento cominciò ad assumere il triste aspetto della celebrazione. All'atto pratico, rivisto oggi, "Cartoni animati" è un tentativo genuino e simpatico di combinare la poetica naif del mondo ideale tanto caro al regista romano con la condanna ai malefici apportati dalla modernità. La favola e la metafora consentono ai Citti, attraverso un percorso discontinuo e non sempre omogeno che alla fine si rivela irrisolto, di raccontare sottoforma di ballata popolare temi cari come l'emarginazione, la fame, la vitalità dei cimiteri, l'atmosfera mortuaria dei ristoranti e degli alberghi di lusso. Interpretato da un eccentrico Fiorello a suo agio con una insolita capigliatura rasta (il ruolo era stato studiato per Gassman), il film ha momenti dolci e delicati, conditi dalla fervida e genuina ironia di chi ha conosciuto la miseria e ha tutte le carte in regola per raccontarla. In questo teatrino audiovisivo dell'assurdo dove si ritrovano sparsi alla rinfusa tutti i "topoi" cittiani spiccano le tarantelle e le mandolinate pasoliniane di Ennio Morricone. Colonna sonora determinante per accompagnare gli incerti passi di danza di un mondo allegro spazzato via dal cinismo e dalle logiche di mercato. Sono pochi, del resto, i film italiani in grando di salutarci accarezzandoci con una morale fatta di poesia: la vera ricchezza (sostiene l'autore) consiste nel riuscire a bastare a se stessi.
Salvatore Salvatutti (Fiorello) sbarca a bordo della sua zattera scalcinata su una spiaggetta abbandonata, monta su un sidecar con rimorchio e inizia di gran carriera la sua bizzarra attività di venditore ambulante di sogni e fantasie. Ai poveracci che vivono di stenti in un capannone abbandonato trasformato in centro di accoglienza multietnico regala boccettine miracolose che, a richiesta, rendono più dolce il dormire. Lui stesso dice di essere il discendente diretto dell'inventore delle scope volanti che molti anni prima in "Miracolo a Milano" fu artefice di un mondo in armonia. Nel suo quotidiano peregrinare fra periferie abbandonate e luoghi irreali di un paesone sempre più irriconoscibile, Salvatore conosce un poveraccio (Franco Citti) che vaga senza meta in giacca e cravattino, tormentato da una donna vestita da sposa (Elide Melli) che dice di essere stata abbandonata il giorno del suo matrimonio e che lo tallona senza dargli tregua. Disavventure paradossali e il rapporto sempre più tormentato con l'illusione di migliorare il proprio "status" (a volte non bastano i soldi a palate per appartenere alla categoria dei ricchi) rallegrano e rallentano l'assurda processione di individui ai margini di una realtà incombente fatta di ruspe devastanti e mostruosi caseggiati dove regna l'alienazione. Deluso dall'umana ingratitudine che non si accontenta mai della felicità regalata dalle cose semplici, Salvatore abbandona i due folli sposini al destino di un ultimo grande sogno e sale di nuovo sulla sua zattera, guadagnando la via del mare e scomparendo all'orizzonte...
Bellissime le mandolinate e le dolcissime tarantelle di Morricone. Molto vicine ai temi dell'episodio "La terra vista dalla luna" diretto da Pasolini...
Nulla
La mano di Franco è inesperta, ma ben guidata dall'esperto fratello Sergio.
Rinnova la sua poetica. Il suo filmare poveristico e genuino...
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