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Febbre da cavallo

Regia di Steno vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Febbre da cavallo

di Donapinto
6 stelle

Sbrigativamente liquidato alla sua uscita nelle sale dalla critica, ma anche dal pubblico, nonostante un cast imbottito di comici molto popolari all'epoca, FEBBRE DA CAVALLO a distanza di 15-20 anni si renderà protagonista di una sorprendente rivalutazione, tanto da indurre Carlo Vanzina a dirigere nel 2002 un sequel/remake, omaggiando così il padre Stefano che diresse questa prima versione. Il regista Steno (Stefano Vanzina), uno dei maestri della commedia nostrana, ci porta nel mondo dell'ippica e delle scommesse che ci ruotano intorno. All'epoca il film altro non era che un pretesto e un veicolo per una gogliardica e talvolta sguaiata commedia capitolina, che narra le vicende di tre amici perennemente in bolletta col vizio dei cavalli e del gioco d'azzardo. Film che ci viene narrato in un lungo flash-back dall'interno di un'aula di tribunale, dove i protagonisti subiscono un processo proprio a causa della loro ludopatia cronica che li ha coinvolti in una truffa legata alle scommesse. Oggi potrebbe sembrare il soggetto per un film che affronta un tema attualissimo e scottante, ma naturalmente FEBBRE DA CAVALLO stempera il tutto nella farsa e nella burla, con gag e sketch rigorosamente in romanesco spesso divertenti. Il tutto tende però a divenire un po' troppo scontato, ripetitivo e prevedibile, con il filo conduttore che non riesce a sostenere i 100 minuti di durata della pellicola. Personaggi coloriti e macchiettistici capitanati dal bravo ma anche eccessivamente istrionico Gigi Proietti. Il meglio ci viene riservato nella parte finale, quando nella gremita aula di tribunale (tutti "equino-scommettitori"), l'integerrimo giudice, interpretato da Adolfo Celi qui in una gustosissima caratterizzazione, ammette di essere anche lui un incallito scommettitore: "Si sono trent'anni che vado alle corse, trent'anni", "bravo presidente, vai cor tango", e con il breve ma significativo monologo di Proietti che spiega alla corte la complessa natura dei frequentatori degli ippodromi e i conseguenti e immaturi comportamenti che sono poi portati ad avere. Giudizio finale che si può esprimere in quella che e' una commedia carina, godibile e spensierata, ma comunque molto inferiore al valore cinematografico che gli e' stato attribuito. 

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