Regia di Russ Meyer vedi scheda film
Film spiccatamente anti-pornografico, che priva il sesso di qualsivoglia scabrosità e mistero, e lo disinnesca come bomba di provocazione sociale, svelandolo per quello che è: un fenomeno onnipresente, che, come ogni componente della quotidianità, può essere bello o brutto, banale o bizzarro, esercitato col sorriso o con il broncio, a seconda dei casi. L’atavico mito della virilità è demolito e ridicolizzato, trasformato in una micidiale arma impugnata da uno stuolo di donne walkirie, edoniste e dominatrici, supereroine di una istrionesca emancipazione. L’eccesso qui è il necessario veicolo della parodia: è lo strumento narrativo che consente di variare le prospettive, moltiplicare gli esempi e cogliere i dettagli, il tutto in funzione di un’analisi disincantata e divertita. Il risultato è la demistificazione del rapporto “intimo”, che, di fatto, non merita più né questo, né altri aggettivi, ridotto com’è ad una pratica comune, che si inserisce nel consueto, prosaico gioco del dare/avere e, se non ha più nulla a che vedere con l’affetto, è ugualmente estranea al brivido dell’eros. È, invece, uno dei tanti aspetti che formano una storia ed i suoi protagonisti, e, pertanto, perde senso ed interesse se non è contestualizzato. Per questo Meyer insiste tanto sulla cornice narrativa e sulla caratterizzazione dei personaggi, e su queste, a più riprese, sposta l’attenzione dello spettatore, oltre che sull’unica vera fonte di “tensione”: in un film in cui la suspense della seduzione è azzerata, non ci resta che pensare a risolvere il giallo dell’assassinio di Adolf Schwartz. “Up!” è un’opera che, nonostante la sua unicità, e malgrado l’audacia rispetto alla sua epoca, non può certo dirsi d’avanguardia: infatti non dice nulla di nuovo, usa un linguaggio più che naturale, e si spiega da sé, limitandosi a mettere in evidenza ciò che, ogni giorno, è sotto gli occhi di tutti. Ma forse è proprio in questa lettura primitiva della normalità che si cela il grimaldello rivoluzionario del vero anticonformismo.
Portentoso è il finale, che riassume e rilancia con grande forza tutto lo spirito del film, con una rivelazione che amplifica la portata anche “storica” del suo messaggio.
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