Regia di Camillo Mastrocinque vedi scheda film
C'è lo zampino di Castellano e Pipolo (il che la dice già lunghissima) dietro il copione di questo film che già all'inizio degli anni sessanta, con satira flebilissima e comicità inavvertibile, voleva ammonire sui possibili disagi della motorizzazione di massa negli anni del boom economico. Costruito come un mockumentary condotto da Alberto Bonucci, il film di Camillo Mastrocinque assembla episodi legati ai paradossi del patentato: un'occasione di lavoro persa per via di un'auto eccessivamente vistosa; una notte da dimenticare a causa di uno scambio di automobili; le truffe ai danni delle assicurazioni; un tentativo di furto; un amore finito male perché un giovane viene scambiato per un ladro proprio nel giorno della presentazione ai futuri suoceri. Comicità esilissima, spunti risibili. Eppure il film merita la visione a decenni di distanza per via delle macroscopiche differenze con i disagi odierni procurati dalla motorizzazione: auto minuscole, vigili urbani al centro di Roma a respirarsi le polveri sottili; vetture con guida a destra; doppi sensi ovunque, nessuna cintura di sicurezza. L'ingenuità più incredibile si coniugava con una condizione urbana certamente più accettabile di quella odierna. È proprio vero che si stava meglio quando si stava peggio.
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