Regia di Jonathan Hensleigh vedi scheda film
Se pensate che ci sia un limite al peggio, non avete ancora visto The Punisher. Il personaggio è ispirato a un comic della Marvel ed è regolarmente tradotto sui fumetti italiani come “il punitore”. Nel film doppiato e distribuito, però, hanno lasciato il soprannome in inglese; capirete quanto suonino ridicole frasi tipo: «Frank Castle è morto, al suo posto c’è The Punisher!». La cosa grave di questo remake di Il vendicatore con Dolph Lundgren (1989) non è tanto nella messa in scena sconclusionata, da prodotto straight to video, e neppure nella terrificante prova degli attori, in particolare del bollito John Travolta e del protagonista Thomas Jane, la cui somiglianza con Cristopher Lambert rende tutto ancora più imbarazzante. La cosa grave, dicevamo, è che il Punitore dei fumetti è uno dei migliori personaggi Marvel, un concentrato di ambiguità, un antieroe dissociato le cui motivazioni “morali” oscillano tra un’idea personale ma sincera di giustizia e la sete sanguinaria di vendetta. Non a caso entra in scena nel numero 129 di Spider Man come “cattivo”. Il film si dimentica di tutto questo, e Frank Castle diventa l’unico eroe americano concepibile oggi. Agisce con un unico, esplicito principio, quello del “si vis pacem para bellum”, ma si capisce benissimo da come uccide che della pace non gli frega niente. Sia ben chiaro, il piglio ideologico rivoltante non è così diverso da quello di Troy, ma The Punisher è tutto talmente rozzo e volgare da far sembrare eleganti i vecchi film di Chuck Norris e Joseph Zito. Purtroppo, nonostante il modesto successo in patria, pare che non riusciremo a evitare il sequel.
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