Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Katzelmacher non è un Fassbinder minore ma un Fassbinder embrionale. E' il primo step cinematografico del grande autore, la poetica è già potente, ma la resa del mezzo non è ancora all'altezza dei risultati del decennio successivo. Partendo da questa premessa e del fatto che trovo pochissimo (di quello che ho visto...) di RWF, trascurabile o superfluo, questo film rimane importante. Importante perché ci troviamo di fronte alla spina dorsale del pensiero fassbinderiano sui rapporti sociali/sessuali/economici legati drammaticamente alla natura umana sfociata nel vuoto della società consumistica. Voglia di scopare, voglia di denaro, ma anche voglia di scappare da se stessi. L'invidia, l'insofferenza per tutto quello che è diverso fanno esplodere la frustrazioni incolmabili dell'uomo moderno inghiottito dalla normalità in loop continuo, magistralmente espressa dal ripetersi annoiato ed estenuante delle stesse scene. Il regista dunque condensa nella scrittura del dramma gli elementi portanti di questa tendenza sia nei difetti: l'origine teatrale sovrasta il corpus filmico e ne limita l'efficacia; che nei pregi: i personaggi sterili e fastidiosi in un pugno di sets sottolineano la banalità dei gesti e delle idee dell'uomo moderno. Mi è mancata molto la gestione degli spazi, con le diagonali di ripresa, gli zoom sui volti, le carrellate, i giochi di montaggio del Fassbinder a venire, infatti qui la messinscena è quasi sempre statica, una successione di quadri che non esprimono tutte le potenzialità del girato, ma il cuore dell'arte del regista tedesco è subito penetrante. Come il soggetto con le sue implicazioni giovanili/esistenziali, l'immigrazione, il vuoto del pensiero comune, rimanendo a distanza di decenni ancora terribilmente attuale.
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