Regia di Russ Meyer vedi scheda film
LA METÀ È GIA UN TUTTO
Tre teppisti in motocicletta battono il margine del deserto a caccia di donne da violentare. Due vittime si uniscono per stanarli e vendicarsi. Il deserto è un topos, inizio e fine di ogni cosa, è un non luogo a tempo zero. Il deserto di Meyer non è certo quello della rinascita dopo l'apocalisse (Antonioni), ne quello della ritrovata verginità del cinema (Wenders), semmai è lo spazio aperto del western, crocevia di tutte le storie e, soprattutto, è un luogo dove ci si può muovere liberamente con mezzi leggeri, senza bisogno di autorizzazioni, di comparse, immerso in una luce generosa. Meyer scrive, dirige, fotografa e ci mette le sue passioni, fino a dove la censura lo consente, per le donne selvagge, i seni smisurati, la violenza. La trama è puro pulp ma senza moralismi pruriginosi e con in più una grande attenzione ai valori formali. Ironico, anarcoide, personalissimo “Motorpsycho” è degno del culto un po'singolare tributato al suo autore.
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