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Faust

Regia di F.W. Murnau vedi scheda film

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La recensione su Faust

di OGM
10 stelle

L'umanità di questo Faust ha la sinistra monumentalità di un fossile marmoreo, sbiancato dall'impotenza ed appesantito dal giogo del male e della morte. Il colorito esangue è il marchio carnale della lontananza da Dio: sui volti non c'è vera luce, ma solo un glaciale pallore spettrale che emerge dall'oscurità, e si confonde con il fumo e con la nebbia. Il fuoco non è calore vitale, bensì la crudele espressione di una violenza distruttrice proveniente dall'inferno, che brucia i cadaveri degli appestati e le assassine condannate al rogo. Il buio è l'unico potere regnante sulla terra: è il luogo freddo e indistinto in cui convivono il dolore, l'ignoranza ed il peccato.  Su questo sfondo Murnau applica le immagini di un sogno popolare che trascende il tempo, in cui la pittura romantica si alterna all'iconografia cristiana, alle suggestioni naturalistiche del Rinascimento, alle coralità grottesche di Brueghel e Bosch ed agli interni di Vermeer.  La mescolanza degli stili, con la sua fremente disomogeneità, trasmette un senso di incertezza, in cui si riassume tutta la  precarietà della condizione umana,  resa vulnerabile dall'instabilità dei sentimenti, dalla fugacità della gioia, dalla fragilità dell'innocenza. L'allegoria e il simbolismo hanno il carattere giocoso di una fantasia da bambini, in cui la poesia è filastrocca, fatta di oggetti di casa e paesaggi fioriti, mentre l'incubo è una visione con mostruose sproporzioni, come nel disegno infantile di un trauma, o nell'illustrazione di una fiaba gotica. In questi elementi visivi contrastanti si riflettono  le due facce del carisma demoniaco, che sparge la sua lussuriosa grandiosità sul mondo, creando allettanti chimere di gioventù, ricchezza e amore, dietro cui si nascondono, però,  la rovina del corpo e la perdizione dell'anima.  In definitiva, tutto ciò che vediamo è un cangiante velo di apparenza agitato dal vento, che confonde le idee, crea illusioni ottiche, a tratti decora e abbellisce, a tratti deforma e abbruttisce: l'intero film sembra fluttuare al di sopra della pellicola, con la smaccata artificiosità delle maschere, dei trucchi, degli scenari, delle inquadrature, che formano le parti disarticolate di un immenso bozzetto visionario. Con Faust Murnau allestisce uno spettacolo in cui il cinema ruba al teatro il gusto della messa in scena, con personaggi che sono dichiaratamente attori travestiti e recitanti, e ambientazioni che sono palesemente ricostruzioni posticce e artigianali. Della settima arte egli sfrutta al meglio l'illimitato dinamismo, trasformando il cambio di scena in un volo narrativo che attraversa il mondo intero, dal paradiso agli inferi. Nasce così un kolossal dell'inverosimile, che esalta il carattere leggendario di una storia che appartiene a tutti, e stupisce non con la forza annichilente di un'inarrivabile magia, ma con il fascino discreto di un gioco di prestigio che tutti abbiamo voglia di imitare.

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