Regia di Fabio Carpi vedi scheda film
Fabio Carpi continua da più di trent’anni un coerente ed eccentrico percorso nel cinema italiano, con opere colte, aperte allo scambio con le altre arti e a rimandi culturali alti. Questo suo ultimo film è una sorta di sobria rivendicazione di poetica: la storia di un anziano regista (Hector Alteiro, già visto in altri tre film del regista, ormai quasi un suo alter ego) che sta per cominciare un film su Proust, e si trova egli stesso di fronte ai fantasmi del proprio passato: le origini ebraiche, la Resistenza, ma soprattutto le donne della propria vita, e i relativi egoismi e rimorsi. «Cosa sono le immagini senza le parole?» Il protagonista rivendica un cinema che non trascuri la parola, «letterario ma anche musicale, pittorico». Purtroppo, proprio la voce off e i dialoghi sentenziosi appesantiscono il film; senza dire che l’accoppiata Proust/ Mandrake (con un illusionista che rievoca il passato) ha un’aria fin troppo felliniana. Inoltre, se Alterio e la Serna reggono il gioco con intensità e ironia, gli attori giovani non sempre sono all’altezza. Ma l’eleganza di regia che musicalmente intreccia passato e presente, accompagnata dalla fotografia mai stucchevole di Fabio Cianchetti, conquista ugualmente lo spettatore, porgendo una seria lezione di messinscena, inattuale nel senso migliore del termine.
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