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La mazzetta

Regia di Sergio Corbucci vedi scheda film

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Dany9007

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La mazzetta

di Dany9007
6 stelle

Negli anni caratterizzati sempre da un più tangibile declino della commedia all’italiana, tolte le commedie sexy che hanno diciamo un loro percorso, si fanno strada due sottofiloni che chiaramente cercano di interessare il pubblico e (a volte) anche la critica. Il primo sottofilone è quello dei film a episodi, che già rodato dai tempi de I mostri di Risi si è sempre più ridotto ad un escamotage per sviluppare storie non sufficientemente elaborate da reggere la durata di un film intero, quanto adatte ad abbozzare un’idea e risolverla, tendenialmente nelle modalità più semplici. Il secondo riguarda i film che mischiano la commedia al giallo, offrendo quindi un minimo di tensione accompagnata alle più classiche maschere (attori) della commedia. Per dirne alcuni: La donna della domenica o Il gatto entrambidi Comencini, Doppio delitto di Steno, il più elaborato La stanza del vescovo di Risi ed infine, sotto la regia di Corbucci vediamo apparire La mazzetta e l’anno seguente Giallo napoletano (a mio avviso deludente).

Arrivando al titolo La mazzetta si riconosce sin da subito la tendenza al macchiettismo ed alle soluzioni un po’ facili. L’ambientazione napoletana ha le consuete caratteristiche “da cartolina” con i suoi delinquenti, i parcheggiatori, i trafficoni e alcuni affiliati alla malavita. La simpatia ed il professionismo di Manfredi cercano di mantenere un livello credibile e ritmato nell’evolversi della vicenda. Il protagonista può anche contare su due comprimari di livello: Ugo Tognazzi, nel ruolo dell’arguto commissario ed il canagliesco Paolo Stoppa in quello di un boss della malavita.

Al di là dell’intreccio, il finale ha una nota amara, anche se un po’ banalotta, con i documenti relativi all’inchiesta che stanno per arrivare tra le mani di alcuni potenti notabili, nei confronti dei quali il protagonista avvocato e l’onesto commissario potranno ben poco. Al solito stona la chiusura con il popolo di Napoli che sulla base della vicenda inizia a calcolare i numeri della smorfia. Insomma un ritrattino facile facile che si poteva anche evitare. È entrata “nella storia” invece, la sequenza della tortura a base di pasta al nero di seppia che Manfredi è costretto a mangiare.

 

 

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