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Semaforo rosso

Regia di Mario Bava, Lamberto Bava vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Semaforo rosso

di hallorann
8 stelle

Fu un peccato che CANI ARRABBIATI non uscì nelle sale nell’anno della sua produzione (1974), a causa del fallimento del produttore. Rimasto senza distribuzione fino a quando nel ’95 la protagonista femminile Lea Krueger lo ha fatto uscire in dvd, dapprima in Germania poi in tutto il mondo. Tra le varie versioni circolate (tra cui una, definita orribile da Alberto Pezzotta, con sequenze doppiaggio e musiche nuove), va considerata di gran lunga la migliore quella editata dalla Ermitage conosciuta anche col successivo titolo SEMAFORO ROSSO. Da un racconto di Ellery Queen, Sandro Parenzo e Cesare Frugoni scrissero un thriller che Mario Bava interpretò alla sua maniera, una fotografia sugli anni settanta in netta contrapposizione con le derivazioni noir francesi di Di Leo e i poliziotteschi anarcoideologici che cominciavano ad affacciarsi prima dell’inflazione totale. Ancora una volta l’autore di DIABOLIK mette per immagini una storia spiazzante, convulsa e magnetica che inchioda.



I “cani arrabbiati” del titolo sono un gruppo di balordi che rapina le buste paga di una ditta farmaceutica (un centinaio di milioni). Per salvare la pelle i tre superstiti (uno rimane ucciso all’inizio) sono disposti a tutto, uccidono senza scrupoli, soddisfano i più bassi istinti e sequestrano un uomo mite con il suo bambino. I nomignoli sono abbastanza indicativi sulle loro personalità più o meno disturbate: il Dottore è il capo banda dai modi distinti ma ugualmente spietato; Bisturi un esagitato armato di coltello e guanti neri; Trentadue un assatanato fuori misura in tutto. Ambientare per buona parte un film dentro l’abitacolo di una Opel Caravan non era facile, girato a Roma e nel tratto Civitavecchia-L’Aquila in soli esterni in piena estate ’73 senza trasparenti e con un sole che fa sudare (non solo per la vicenda tesissima) letteralmente i protagonisti: i tre citati più Maria, la donna sequestrata nel parcheggio sotterraneo, Riccardo e il suo bambino avvolto misteriosamente in una coperta perché malato. Bava con pochi soldi gira un thriller anomalo, violento, ambiguo, amorale come i suoi personaggi, impietosi e con brevissimi momenti di stasi, neanche la bellissima parentesi del grappolo d’uva rubato al contadino.



Che Tarantino ne abbia citato il titolo o il ritmo forsennato de LE IENE – CANI DA RAPINA (RESERVOIR DOGS) non ha alcuna importanza, il CANI ARRABBIATI di Bava si sarebbe distinto - allora come oggi - per l’analisi cinica di un decennio e per la lettura originale di un genere diverso dall’horror. Molto bravi gli attori: in particolare “l’uomo e il bambino” (titolo di lavorazione) Riccardo Cucciolla, Luigi Montefiori/George Eastman e Aldo Caponi/Don Backy. Quest’ultimo, se il film fosse uscito, avrebbe meritato una carriera cinematografica di rilievo. La sua interpretazione sorprende e non sfigura per niente di fronte a un Tomas Milian dell’epoca. Completano l’opera le incisive musiche di Stelvio Cipriani.

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