Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Difficile descrivere una pellicola del genere. Già solo cercare di identificare una trama e un profilo narrativo è un compito molto difficile, in quanto l'antinarratività è proprio un elemento caratterizzante del film. Noi spettatori veniamo inseriti nella vicenda attraverso l'espediente quasi metalinguistico delle porte che si aprono, che creano uno squarcio dal quale possiamo sbirciare, senza essere troppo invasivi, nella vita di due monaci in ritiro ascetico. L'unità spaziale dell'azione risponde a una struttura temporale frammentaria, che divide il racconto in cinque "momenti" diversi. Si inizia dalla primavera, l'età dello sboccio e della prima fioritura, nella quale il giovane monaco, appena infante, ha modo di scoprire le prime cose del mondo, di fare esperienza degli insegnamenti della figura quasi paterna dell'anziano monaco. Si arriva poi all'estate, etò della passione, della sperimentazione, dell'amore. Il monaco ormai adolescente si troverà ad affrontare il primo vero conflitto della sua vita, quello tra fede e passione, tra dovere e tentazione. L'autunno, fase di transizione e di cambiamento, durante la quale le foglie degli alberi ingialliscono e poi cadono, è il momento più difficile per il protagonista. Egli scopre la responsabilità, l'azione che genera conseguenze e la caduta. Ma, durante l'impervio freddo invernale, il protagonista cerca di rialzarsi, dovendo patire una grande fatica figlia delle sue azioni passate e mezzo di espiazione del peccato. Solo in quel momento, quando le prime ventate primaverili iniziano a sciogliere le pesanti lastre di ghiaccio, si può ricominciare. Il ciclo ricomincia, la vita si rinvigorisce di nuova linfa. Ed è ancora primavera. Kim-Ki Duk ci porta in un viaggio zen attraverso il ciclo della vita, utilizzando un registro narrativo assolutamente pacato. In questo caso la lentezza diventa strumento fondamentale alla resa del film, poichè rappresenta il calmo scorrere del tempo e contribuisce a porre l'attenzione su piccoli dettagli, sull'immensità della natura e sulla delitcata coesistenza dell'uomo con essa. Proprio la natura è un oggetto centrale della riflessione del regista, che ce la mostra come una realtà eterna, ineffabile, che osserva silenziosamente l'agitarsi degli uomini al suo interno. è proprio per questo che coloro che meglio ci si trovano sono quelliche sposano la calma e la pacatezza. Nel complesso un film folgorante, che fa un'utilizzo dello spazio e del tempo incredibile e, allo stesso tempo, riesce a raccontare una storia che, in qualche modo, ci riguarda tutti. Perchè è la storia della vita e della sua fine, trattata con immensa delicatezza, inserita in una poetica naturalistica e affatto antropocentrica.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta