Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Sarei curiosa di sapere quanti di coloro che hanno inneggiato a questo film, sarebbero disposti a seguirne l’insegnamento. Un’ istigazione all’autocastrazione, alla “non vita”, alla fuga dalle passioni, a favore di un’esistenza dedicata alla preghiera, alla meditazione, alla contemplazione.
Un isolotto in mezzo ad una lago su cui sorge un piccolo tempio, tutt’intorno montagne e boschi: un luogo incantevole, dove trascorrerei volentieri una settimana per disintossicarmi dagli psicofarmaci, dal fumo, dall’alcool, da notti insonni passate a chiedermi chi sono, cosa voglio, dove sto andando. Con la voglia di perdermi, ancora e sempre, e la paura di non tornare più indietro.
Una settimana a recuperare il sonno perduto, e a guardare negli occhi il vecchio monaco dallo sguardo triste e catatonico, per cercare di capire se è felice.
Poi, inevitabile, il ritorno alla vita, al turbinio di passioni che mi si agitano nella testa, alla rabbia , al riso, al pianto, ai casini di sempre, alle nevrosi, alle paure, alle insicurezze, ad una vita passata ad infrangere regole, sempre sul filo di una lama, nell’impossibile equilibrio di una mente squilibrata. Prendere tutto di petto senza avere l’ombra di uno scudo,
far male per il gusto di riceverne, gettare benzina sul fuoco per avere qualcuno da odiare. I nemici sono i migliori amanti, oggi ti innalzo sull’altare, e domani ti scaravento nella polvere , pensavi forse di essere diventato il mio dio ?
Ma quando avrai davvero bisogno di tirarti su, ti allungherò cento mani, e se resterai indietro, mi fermerò ad aspettarti.
Torniamo al film, a questo mattoncino confezionato ad arte per dirci che chi è preda delle passioni inevitabilmente si perde.Il vecchio monaco dagli occhi tristi ha un allievo, al quale insegna la preghiera, la contemplazione, il rispetto della natura e degli animali, il “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” Il ragazzo cresce senza alcuna cognizione del mondo esterno, della sessualità, dell’amore. Inevitabile che l’arrivo di una coetanea, che la madre affida al vecchio monaco perché la guarisca da un disturbo mentale, risvegli nel giovane allievo la sessualità sopita (e meno male, penso io !) Addio innocenza, i due si innamorano, e fuggono insieme. Lui tornerà sull’isolotto, dopo molti anni, in parte passati in prigione, per omicidio, ormai invecchiato, prostrato e sconfitto dalla vita. Lì ritroverà la pace perduta, e, ormai avanti negli anni, diverrà, a sua volta, maestro di un giovanissimo allievo. La storia si ripete, in un andamento concentrico
che ricorda il ciclo delle stagioni, qui metafora delle quattro stagioni della vita. Ben confezionato dunque, ma noioso e deprimente come una veglia funebre, un sermone del papa, o una giornata di pioggia. Un triste inno alla non vita, niente passioni, niente emozioni forti, niente sesso, il mondo è cattivo, le donne sono figlie del demonio, il piacere è effimero e si paga a caro prezzo.
Emily Bronte, che non si sentiva fatta per il paradiso, e che ad esso preferiva le sue cime tempestose, lei, la tormentata e passionale Emily, che imprigionata in un mondo chiuso, asfittico e bigotto, visse nella fantasia le passioni più dilanianti, ed esplorò fino in fondo gli abissi del male, fino ad arrivare all’inferno, come avrebbe commentato questo film ? Una beffa , e anche un po’ crudele. Ho conosciuto un pazzo che si era messo in testa di farmi raggiungere il nirvana. Gli ho vomitato addosso tonnellate di rabbia, e lui a dire che potevo farcela, se non a raggiungere il nirvana, almeno un sereno distacco. Ero completamente fuori di testa, ma perché prendere psicofarmaci, a 20 anni dovevo, potevo farcela ! Sputavo veleno, ero gonfia di rabbia, ma potevo farcela. Fanculo a tutti quelli che si mettono in testa di plasmarci a loro piacimento, e credono sia amore. Io non ho mai gli occhi tristi, nemmeno quando piango.
degna di una veglia funebre, ma bella
assolutamente niente
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