Regia di Sönke Wortmann vedi scheda film
Bello ed emozionante
Mathiass è un dodicenne problematico,che vive in una cittadina mineraria della Germania dell'ovest,insieme alla madre,al fratello più grande e alla sorella,nel periodo post-bellico.Il padre arriva nella famiglia Lubanski, inaspettatamente,dopo un'assenza di 12 anni, dovuta alla sua lunga prigionia in Russia.E' un uomo disilluso, provato e segnato dalla guerra,che fatica ad adattarsi alla vita civile,la sua presenza ne sconvolgerà il già precario equilibrio,costretta a subire il suo temperamento burbero e rigoroso. Richard, si scontra con una società e una famiglia cambiate, rispetto a come le aveva lasciate,non riesce a inserirsi,si sente estraneo e privo di riferimenti. Si sforza di imporre ai figli i suoi valori, il suo modello di educazione,basato su una rigida disciplina,sulla negazione delle fragilità,"i bambini tedeschi non piangono" ripete spesso al figlio,spesso ricorre a metodi violenti,non capisce e non accetta le attitudini dei figli.
Matthias coltiva una grande passione per il calcio,lo pratica con scarso risultato,usando un pallone di pezza, insieme ai suoi coetanei, e segue con dedizione, facendo il raccattapalle, il calciatore della nazionale tedesca Helmut Rhann, il quale lo considera affettuosamente, una sorta di "mascotte" portaforuna.
Sarà proprio la finale di calcio giocata con l'Ungheria,in Svizzera a Berna,l'occasione per il piccolo,di un riavvicinamento al padre,caldeggiato dalla madre,donna saggia e paziente.Difatti comprendendo alla fine,i bisogni e le passioni di Matthias,lo accompagnerà ad assistere all'incontro decisivo,il piccolo farà giusto in tempo a vedere il suo campione,mettere in rete lo splendido terzo gol rifilato all'Ungheria,che regalerà la vittoria alla sua squadra e il titolo mondiale al suo popolo,Richard piangerà finalmente davanti a Matthias, offrendosi senza difese, a un contatto autentico.
Attraverso il racconto delle vicissitudini legate alla finale di quel campionato del mondo, il regista,che costruisce anche altri piani narrativi,che si svolgono in parallelo, come quello del cronista sportivo con la moglie o quella della squadra tedesca e del suo carismatico allenatore, abilmente attinge alla memoria collettiva di un'intera nazione e trasforma quell'episodio glorioso,in una metafora del ritorno alla vita,di un paese rimasto a lungo fuori dal mondo, la vittoria assurta a mito per l'intera nazione tedesca,consegnò una sorta di riscatto morale collettivo,a tutta la sua gente,uscita distrutta e umiliata,dagli anni oscuri del nazismo.
Quell'evento fu talmente improvviso e straordinario,da essere ricordato come "il miracolo di Berna"di cui al titolo.
Il racconto di Wortmann, è avvincente ed emozionante.La ricostruzione dell'ambiente precisa e minuziosa.L'interpretazione degli attori intensa.
Leggo che, su quella partita, cadde ,all'epoca, il sospetto di utilizzo di "doping"Naturalmente non ci è dato sapere se e quanto fosse fondato,tuttavia questo non toglie niente alla "magia" di un racconto veramente commovente.
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