Regia di Sönke Wortmann vedi scheda film
Germania anno 1954. Il lungo dopoguerra tedesco è un reticolo di ferite e di traumi. Ad Essen-Katernberg, cittadina mineraria, la famiglia Lubanski (una madre e tre figli) accoglie il padre, un reduce stordito e disorientato dopo dodici anni di guerra e di prigionia in un campo sovietico. La ricostruzione del Paese coincide con la ricomposizione degli affetti e dei ruoli sociofamiliari. Intanto, con un montaggio incrociato, la nazionale di calcio parte per Berna per disputare i campionati mondiali. L’undicenne Matthias, il figlio minore dei Lubanski, è un appassionato tifoso e ha scelto come mentore e padre vicario uno dei giocatori della nazionale. La finale di quella competizione mondiale vedrà la Germania prevalere sull’Ungheria per 3 a 2. Un risultato da leggenda calcistica e da sferzata d’orgoglio per una nazione umiliata. Le valenze metaforiche (riscatto, rivincita, rinascita) dello sport non sono una novità per la storia del cinema e la fotogenia del calcio su grande schermo è una partita sulla quale neanche gli scommettitori più incalliti osano puntare: la sconfitta (per il calcio giocato) è certa. Il regista mette in scena le conferenze stampa, insiste sulle radiocronache, su alcune sedute tattiche e filma soltanto il match finale. I Lubanski e la nazionale giocano i loro rispettivi 90 minuti con la disciplina e gli schemi tattici di una fiction Tv.
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