Regia di Sönke Wortmann vedi scheda film
La ricostruzione filmica dell'impresa calcistica della Germania Ovest che riuscì a battere la favoritissima Ungheria ai mondiali in Svizzera del 1954 è un film veramente bello dal punto di vista espositivo: compare Adi Dassler che già al tempo aveva ideato scarpe con tacchetti intercambiabili, i giocatori tedeschi e quelli ungheresi sono clamorosamente somiglianti a quelli realmente esistiti perfino nelle movenze e le capigliature, basta osservare il match winner Rahn e il capitano magiaro Puskas, le immagini della finale sono tecnicamente perfette non solo nelle angolazioni di ripresa ma anche nella ripetizione dei movimenti in campo dei giocatori e nell'intensità dei tiri in direzione della porta tanto che vi posso assicurare senza fare verifiche con le immagini reali che i goal furono segnati esattamente così come li vedete e il colore bellissimo donato alla pellicola riesce a farci apprezzare i gesti tecnici con rinnovato piacere, addirittura la torre dell'orologio nello stadio dove si svolge la partita è guarnita con il cartellone pubblicitario della Cinzano rosso e blu mentre la pioggia battente bagna il campo di gioco.
La partita da me descritta è però l'unica rielaborata nel film e rappresenta l'ovvia conclusione di un racconto in cui si vuole evidenziare la decadenza che aveva colpito la Germania dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale fra gli insulti e le condanne di tutte le comunità civilizzate per una condotta infame e spietata nei confronti di chiunque non appoggiasse le credenziali naziste e soprattutto per la persecuzione disumana delle etnie semite e di provenienza africana; viene tracciato un parallelismo fra la squadra guidata da Sepp Herberger che si prepara alla grande avventura sportiva e la famiglia Lubanski condotta da un padre ex militante nazista scampato ai gulag sovietici che affronta giornalmente le problematiche economiche quasi insormontabili che affliggevano ogni nucleo famigliare reduce dalla guerra in un paese dove i marchi avevano il valore della carta igienica, anche la ricostruzione della Essen post bellica è assolutamente fantastica e le sequenze sul campo di calcio allestito sulle macerie a due passi da casa Lubanski dove rotola un pallone di stracci rimane impresso nella memoria e rievoca un triste periodo della storia europea soprattutto per quelli che lo hanno vissuto: la scena dei conigli è particolarmente significativa per fissare lo stato di disperazione che attanagliava molte famiglie oltre a dare un rasoiata definitiva all’infanzia del piccolo Mathias.
L'anello di congiunzione fra questi piani d'azione in cui si muovono i due gruppi di personaggi è rappresentato dal rapporto di amicizia molto bello fra il piccolo Mathias Lubanski ed il bomber Helmut Rahn che lo considera il suo portafortuna, il film alterna dall'inizio alla fine questo binomio, il fatto che entrambi abbiano un complicato rapporto rispettivamente con il padre e con l’allenatore è un altro fattore che li accomuna e si ribalta a conclusione della storia.
C’è poi un terzo nucleo narrativo che si interseca inevitabilmente con gli altri due e racconta la storia d’amore dei coniugi giornalisti Ackerman che seguono da vicino lo svolgersi dei campionati ed evidenziano una imbarazzante e lacunosa conoscenza dell’argomento calcio ma crescono professionalmente oltre che come coppia cammin facendo quasi a simboleggiare anche loro la possibilità di una concreta rinascita e conseguente crescita per un paese affondato nella miseria che ritroverà fiducia proprio con la vittoria in un gioco.
Le pecche di questa pellicola sono da un lato ascrivibili ad una certa prevedibilità degli eventi non solo perché legati ad una storia già scritta ma anche per un certo schematismo strutturale che detta i tempi in un film di stampo sportivo, alle interpretazioni qua e la legnose ma c’è una scusante perché i molti attori giocatori sono nella realtà veri calciatori scelti per somiglianza con i loro personaggi realmente vissuti e per dare il massimo della credibilità alle loro azioni sul campo per cui bisogna solo applaudirli per l’impegno profuso, l’aspetto negativo che invece non può essere giustificato è quello della verosimiglianza con la realtà calcistica di quella nazionale tedesca che in una scena dal sapore documentaristico fotografata in bianco e nero mostra durante la preparazione dei gesti tecnici assolutamente anacronistici e impossibili per quei veri e propri carri armati in pantaloncini: la Germania era una squadraccia fisica e per niente spettacolare che faceva della corsa l’unica arma a loro disposizione, la vera squadra leggendaria e spettacolare era l’Ungheria di testina d’oro Kocsis che come accennato nel film fu imbattuta fino a quella storica finale dove mille fattori la sfavorirono, Herberger commenta lo stato di forma del fuoriclasse Puskas come deficitario ma ad esserlo era la sua caviglia sinistra bastonata a ripetizione durante la caldissima semifinale con l’Uruguay campione in carica notoriamente composto da picchiatori preparati a sbriciolare ginocchi in tempi in cui non si potevano effettuare sostituzioni ma l’ombra più grande su quella sconfitta si abbatté sui trionfanti tedeschi che furono colpiti da epatite un paio di giorni dopo il match auto marchiandosi con lo sfregio del doping che giustificava la loro freschezza atletica sul campo pesante attribuita in un primo momento alle poco impegnative partite giocate contro slavi ed austriaci al contrario dei magiari che avevano affrontato in due partite tiratissime i già citati uruguagi e i brasiliani vicecampioni del mondo.
Il regista Sonke Wortman e l’allora trainer della nazionale tedesca Rudy Voeller di comune accordo decisero di invitare Helmut Rahn alla prima del film, in fondo è quasi la sua biografia visto che è l’unico personaggio calciatore che viene caratterizzato e ripreso con dovizia e precisione ma proprio quella notte il vecchio Rahn morì dopo una lunga e travagliata convivenza con l’alcolismo come accennato anche nel film che è comunque un piccolo gioiello e può essere interessante soprattutto per chi non conosce la storia di quella partita e vuole sapere che cosa stava succedendo in quegli anni alla Germania.
Dedicato alla grande Ungheria di Puskas, la nazionale eropea più forte mai esistita.
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