Regia di Jafar Panahi vedi scheda film
La prima scena del nuovo film di Panahi, premiato al Certain Regard di Cannes 2003, è di impressionante secchezza, tra naturalismo e astrazione. Una inquadratura fissa mostra un uomo, asserragliato dentro una gioielleria, che uccide il proprietario e poi si spara. Le sagome sono viste dall’interno, quasi ombre sullo schermo. Il resto del film mostra in flashback gli avvenimenti che hanno spinto l’uomo al gesto estremo. Seguiamo così gli ultimi giorni della vita di Hossein, dopo il ritrovamento di una borsa con una ricevuta per la gioielleria - una cifra che lui non potrà mai possedere. Hossein, che consegna pizze a domicilio, ci fa da guida in una Teheran metropolitana, tutta viadotti, ingorghi e grattacieli. Si spinge nelle abitazioni private, dove le donne non portano il velo (e il regista le mostra sfocate o in controluce), ci fa vedere i ricchi e i poveri. L’ex allievo di Kiarostami (che ha fornito il soggetto, da un fatto di cronaca), Leone d’oro col Cerchio, riesce a sfuggire ai rischi della “maniera iraniana” con una iniezione di realismo, mediato da mille ostacoli che spiazzano lo spettatore. Forse il progetto era un po’ semplicistico nella struttura, ma il regista vi ha costruito su un percorso libero e circolare in una città del “mondo islamico” oggi, confermando che in Iran il cinema ha ancora molto da dire.
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